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Non è un Paese per bambini

Franco Bechis
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L'Italia è un paese per cani, ma non per bambini. Ieri il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in una delle sue continue conferenze stampa virtuali, ha smentito quello che il giorno prima avevano detto il suo ministro dell'Interno Luciana Lamorgese e perfino l'esperto di turno (il prof. Roberto Bernabei) del comitato tecnico scientifico: che un genitore poteva portare benissimo i propri figli piccoli a fare un giro dell'isolato per sgranchirsi un po' le gambe. No, quel permesso è durato nemmeno 24 ore, perché Conte l'ha già revocato. Si può portare a spasso il cane, ma non il bambino. E questo anche se la circolare del ministero dell'Interno lo aveva consentito e anche se il prof. Bernabei durante la consueta conferenza stampa delle 18 alla protezione civile aveva confermato parlando poeticamente del diritto dei bimbi “al sole e alla primavera”.  Per approfondire leggi anche: Conte conferma le misure fino al 13 aprile  Ieri Conte che dall'inizio governa questo dramma in assoluta confusione di idee, di atti e di precetti, ha abrogato il diritto di passeggiata nei dintorni di casa dei bimbi, consentendo però che un genitore lo porti con sé a fare la spesa al supermercato. Quindi i bambini non possono prendere un po' aria in questi giorni nei dintorni di casa, ma possono stare un paio di ore in fila davanti a un supermercato, e poi entrare a respirare quell'aria buona e magari a contagiarsi di coronavirus. Perché al di là delle sciocchezze che ogni giorno ci propinano, quasi tutta l'Italia è chiusa da tre settimane almeno, eppure i contagi ancora oggi salgono quotidianamente. E' ovvio che la malattia allora venga presa negli unici posti dove oggi alla gente è consentito entrare in contatto: i supermercati. Bisogna lasciarli aperti, perché si deve pure mangiare. Ma consigliare di portare lì' i bimbi invece che all'aria aperta dimostra il caos mentale di chi ci governa. Posso anche aggiungere che in coda a Conte ieri sera in tv l'esperto di turno (il professore Massimo Galli), ha aggiunto: “Però ai bambini se escono di casa è dovere mettere la mascherina”. Bravissimi tutti: infatti le mascherine si trovano davanti alla porta di tutte le case italiane, dove le consegna ogni mattina gratuitamente un messo governativo che non ne lesina il numero, essendo i depositi pubblici traboccanti. Quella dei bambini da spedire al supermercato è l'ultima di Conte, ma si aggiunge a una serie infinita di errori e sciocchezze davvero gravi. In queste settimane ho sentito ripetere da molti che pur si rendevano conto della gestione irresponsabile della crisi tenuta fin qui che non ci sostituisce il comandante in capo in mezzo alla bufera, e gli errori compiuti andranno sì vagliati e giudicati, ma solo quando tutto questo sarà finito. Ne ho convenuto anche io, ma giorno dopo giorno la realtà sta dimostrando l'esatto contrario: se il comandante oltre a non avere colpevolmente saputo attrezzarsi per una tempesta che pure era prevista (è stato Conte a dichiarare lo stato di emergenza il 31 gennaio scorso), risulta a tutta evidenza inadeguato a garantire la navigazione, è una questione di salute pubblica procedere alla sua sostituzione prima che sia troppo tardi. La fotografia esatta del caos di governo è arrivata ieri mattina - il giorno stabilito per chiedere i 600 euro destinati a chi ha perso tutto per colpa del governo - con il sito dell'Inps andato in tilt per più di un'ora rendendo per altro pubblici i dati sensibili di moltissimi iscritti (nome, cognome, codice fiscale, telefonino e altre amenità). Una cosa di una gravità inaudita, di cui avrebbe dovuto scusarsi pubblicamente il premier pochi minuti dopo. Invece cosa si è inventato Conte? Una panzana di proporzioni colossali: “L'Inps è sotto un attacco hacker”. Un falso, che ha coperto di ridicolo il governo che si è preso pure la risata di Anonymus Italia: “Avremmo voluto farlo noi, ma purtroppo hanno fatto tutto da soli”. La tecnica di Conte è sempre quella: lui e i suoi fanno delle castronerie che non verrebbero in mente nemmeno a bimbi dell'asilo, e un secondo dopo scaricano la colpa su altri. Gli infermieri di Codogno, la Regione Lombardia, la Campania, il Veneto, il sindaco di vattelapesca, la Consip, Angela Merkel, l'Europa, i jogger, i bambini, gli hacker. Il campionario dello scaricabarile è nutritissimo. E questo utilizzo a piene mani è l'esatto contrario del comportamento che deve avere un capo, per cui è doveroso prendersi responsabilità anche quando direttamente non fossero sue. Non solo è sempre colpa di qualcun altro, ma in ogni occasione il premier gonfia il petto per i suoi presunti successi: siamo i primi nel mondo, quelli che hanno affrontato tutti meglio, quelli che hanno adottato i provvedimenti più prudenti fin dal primo giorno e che sono presi a modello da tutti gli altri. Ma quando? Ma dove? Il solo primato mondiale che abbiamo è quello della strage di malati. E quello della assoluta impreparazione a una emergenza che lo stesso governo aveva dichiarato standosene poi con le braccia conserte per quasi un mese. Qualcuno ha fatto un check sulle protezioni che disponevano i nostri medici per prepararci? Qualcuno il primo febbraio ha iniziato a ordinare mascherine ed apparecchi che sarebbero serviti? Macché: li hanno mandati al fronte a mani nude. Così abbiamo una strage di medici, infermieri e soccorritori. Gli stessi a cui ora il governo ha inviato false mascherine con cui non sono in grado di difendersi nemmeno dalle zanzare che stanno arrivando. Avete sentito il premier scusarsi, dire che un errore così è imperdonabile, e salteranno i responsabili? No, è colpa sempre di qualcun altro.

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