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"Sulla battaglia per Almirante io non mollo"

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni
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La vicenda dell'intitolazione di una strada di Roma a Giorgio Almirante sarebbe solo una delle tante pagine grottesche dell'amministrazione grillina della Capitale d'Italia se non riguardasse la memoria di un grande uomo politico e la piccolezza di chi oggi vorrebbe ergersi a suo giudice morale e storico senza averne alcun titolo. I fatti sono noti: grazie alla mozione di Fratelli d'Italia, l'assemblea capitolina ha approvato un ordine del giorno per intitolare una strada ad Almirante. «L'aula è sovrana» ha commentato il sindaco Virginia Raggi, con una frase che suonava da citazione memorabile, per far intendere che la scelta non era sua, ma se così aveva deciso il consiglio comunale, era giusto prenderne atto. Peccato che nel giro di poche ore le parole del sindaco si siano tramutate da memorabile citazione volteriana a pagliacciata mal riuscita. Perché ora i consiglieri grillini invocano l'incapacità di intendere e volere: «sì, abbiamo votato la mozione di FDI, ma non avevamo capito», e il sindaco annuncia che presenterà una sua mozione per annullare quella dell'aula. Evidentemente perché «l'aula è sovrana», ma senza esagerare. Ma ancora più grave è l'ipocrisia verso un politico che per 50 anni ha partecipato pienamente alla vita democratica di questa nazione esprimendo, con il MSI, politici e rappresentanti istituzionali. Anche a Roma, nell'aula del Campidoglio, e anche in Parlamento, in anni in cui persone che l'antifascismo lo avevano praticato veramente, non si sono mai sognate di considerare Almirante un intruso, indegno del panorama politico italiano. «Non rinnegare, non restaurare». Un'affermazione di coerenza e buon senso che evidentemente fa più paura oggi che non negli anni difficili del dopoguerra. Oggi, dopo che trent'anni fa al funerale di Almirante parteciparono, tra gli altri, i comunisti Giancarlo Pajetta e Nilde Iotti, alcuni pensano di poter giudicare una vita così ricca d'amore per l'Italia utilizzando l'arma della censura e della malafede. Quelli che attaccano il ricordo di Almirante e noi, colpevoli di volerne omaggiare l'importanza, sono gli stessi che hanno dedicato vie e piazze al maresciallo Tito, uno sterminatore di italiani, a Lenin, padre della sanguinaria dittatura comunista, a Palmiro Togliatti, che appoggiò l'occupazione di Trieste da parte dei comunisti di Tito, perché «bisogna saper contestualizzare». È la stessa ipocrisia che fa di Giorgio Bocca, Dario Fo, Eugenio Scalfari grandi punti di riferimento della cultura radical chic nonostante la loro passata adesione al fascismo. Leggete cosa hanno scritto durante il ventennio questi «grandi» (e ce ne sarebbero davvero tanti altri da citare), troverete un antisemitismo terribile e un'adesione entusiastica al fascismo. Così ipocritamente fascisti da far scrivere, nel 1942, a un intellettuale vero come Italo Calvino: «Quando la finirai (Scalfari) di pronunciare al mio cospetto frasi come queste: "tutti i mezzi son buoni pur di riuscire", "seguire la corrente", "adeguarsi ai tempi"?». Evidentemente l'ostilità del Partito Democratico e l'ignoranza incapace del Movimento 5 Stelle non si sono abbattute su Giorgio Almirante per il suo passato fascista, per altri non è stato un problema, ma per la gravissima colpa di non essersi piegato al pensiero unico dominante, di non essere diventato anche lui un nemico di parole e valori come Patria, Onore, Famiglia e - ci riflettano i grillini - Onestà. È per questo che non ci daremo per vinti, continueremo questa nostra battaglia, perché Roma passa avere presto una via intitolata: «Giorgio Almirante (1914 - 1988) Patriota».

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