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La Germania non è più un esempio di virtù

Il Cancelliere tedesco Angela Merkel

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Ci ha fatto un enorme piacere vedere la bandiera nazionale riammessa con pari dignità accanto a quelle francese e tedesche nella prefettura di Strasburgo: in quella terra di Francia che di recente ci aveva gratificato solo dei famosi sorrisetti di Sarkozy. Non abbiamo mai avuto pregiudizi verso Silvio Berlusconi, ma non c'è dubbio che almeno dal punto di vista delle forme un passo avanti c'è stato: non solo rispetto all'imbarazzante siparietto sull'Italia tra Angela Merkel e Sarkò del 23 ottobre, ma anche all'analisi del sangue imposta al Cavaliere il 3 novembre, prima del G 20 di Cannes. E dire che Berlusconi e il governo italiano non sostenevano idee sbagliate, anzi: dagli Eurobond ai maggiori poteri da dare alla Bce quale effettiva garante dell'euro. Errate, e quindi compromesse, erano le modalità con le quali l'ex governo, come già quello di Romano Prodi, si era adattato a trattare con i partner europei: in ritardo e deboli, mentre gli altri si fanno lupi. Ristabilite le misure e l'orgoglio, il summit ha avuto un valore soprattutto politico, mentre ha nuovamente deluso le attese sul terreno pratico. Ma non per colpa di Mario Monti e dell'Italia. Ancora una volta un minuto dopo che la Merkel ha parlato, i mercati sono crollati. Le borse, che se la cavavano discretamente anche grazie alla chiusura di Wall Street per il Thanksgiving Day, sono passate in rosso. Gli spread dei titoli pubblici sono tornati a salire: quello tra Btp e Bund, che era sceso poco sopra i 460 punti, si è riarrampicato oltre i 490. Nessuno si aspettava che la Cancelliera aprisse clamorosamente agli Eurobond o ad un ruolo più attivo della Bce. Bastava un segnale, tra quelli che ogni politico di razza ha il dovere di tenere in serbo nel proprio repertorio. Tra un no ed un sì ci sono decine di sfumature, e la grandezza di un leader sta anche nel saperle scegliere e calibrare al momento giusto. Ancora di più con la Germania che, come ha mostrato il fallimento dell'asta dei Bund di ieri, non può più presentarsi come unico esempio di virtù. Il giochetto di finanziare a costo zero un debito pubblico ufficiale di 2.000 miliardi non regge più; mentre la Bundesbank che impone alla Bce la separazione assoluta dai governi ha comprato a piene mani direttamente dal Tesoro di Berlino. Come la mettiamo? Angela Merkel ha reagito bocciando per l'ennesima volta gli Eurobond: «Non sono una soluzione e non sono necessari». E dire che Monti, come Sarkozy, non si erano fatti sponsor dell'adozione immediata dei bond comunitari, come proposto dalla Commissione europea. Seguendo una traccia a sua volta rigorista il premier italiano li ha subordinati al risanamento delle singole finanze e all'adozione di una nuova governance dell'eurozona. Sarkò è apparso stretto tra l'appiglio all'asse con la Germania ed i molti problemi di casa sua, a cominciare dal consenso politico. Da ospite, ha rinviato tutto all'Eurogruppo del 9 dicembre. Ma i mercati sono stufi di queste incertezze e minuetti. Soprattutto negli Usa, dove non ci si capacita dell'auto-distruzione dell'euro (che tra l'altro costa miliardi di dollari alle banche americane; mentre l'amministrazione Obama ha puntato sulla debolezza del biglietto verde per rilanciare l'export); e con altrettanta insofferenza in Cina, che vi aveva individuato la valuta di riserva rispetto al dollaro. E in questo momento Pechino è il maggior creditore mondiale dell'Occidente, Germania compresa. Tutti gli esperti di cose tedesche e la più autorevole stampa finanziaria, dal Financial Times all'Handelsblatt di Dusseldorf, dicono da tempo che la Merkel, quando parla all'Europa, si rivolge in realtà alla base del suo partito, la Cdu. Anzi, alla sua pancia. E infatti i discorsi nei convegni politici sono ben più oltranzisti, arrivando a far balenare un breakup della moneta unica ed un super-euro riservato solo ai duri e puri del Nord. Ma qualcosa sta scricchiolando anche in questo revival della Deutschland Uber Alles. Il più esplicito a smarcarsi è stato Thomas Mayer, capo economista della grande e potente Deutsche Bank: «C'è un solo modo per convincere i mercati» ha detto «ed è che la Bce dia la disponibilità a un intervento illimitato». Thomas Straubhaar, direttore dell'Istituto per l'economia globale di Amburgo, ha appena firmato un report nel quale afferma che «se l'Europa non ha altri strumenti, allora non resta che la politica monetaria». Ma non è tutto. Il debito federale tedesco ha superato i 2 mila miliardi di euro, in cifra assoluta più di quello italiano, terzo nel mondo dietro Usa e Giappone. In percentuale rappresenta l'83 per cento del Pil, un rapporto che fra i paesi a tripla A è secondo solo alla Francia. Il costo del suo finanziamento ha raggiunto l'8,4% delle entrate statali, tre punti più dei francesi: ma questo con l'interesse medio all'1,91. Il fallimento dell'asta ha prodotto un break portando il tasso dei Bund al 2,2 e proiettando il finanziamento al 10% del bilancio federale. Siamo a livelli superiori a Spagna e Portogallo, non molto distanti dall'Italia (11,1 per cento). E attenzione. Ancora il serissimo Handelsblatt ha rivelato cifre reali molto diverse: la Germania infatti non computa nel debito statale le spese per pensioni, sanità e assistenza. «Considerando tutto» scrive l'Handelsblatt «il debito raggiungerebbe i 7.000 miliardi di euro, il 185 per cento del Pil. Dal 2005, da quando è alla guida della Germania, Angela Merkel ha creato più debito di tutti i cancellieri degli ultimi quarant'anni messi insieme. Un assegno a vuoto che verrà pagato dai nostri figli e nipoti». La paura, e non solo il dogmatismo, spiegherebbe molte cose.

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