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Il processo Ruby si fa nelle piazze

Silvio Berlusconi

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La Camera approva il conflitto di attribuzione sul processo Ruby, in cui il premier Berlusconi è accusato di concussione e prostituzione minorile. È finita con 314 voti favorevoli e 302 contrari. Con 14 ministri in Aula e anche due deputati dei Liberal Democratici (Tanoni e Melchiorre) che hanno votato con la maggioranza anche se fino a pochi giorni fa erano nelle fila del Terzo polo. Fuori da Montecitorio si sono susseguite le manifestazioni di protesta, con Popolo Viola e Rifondazione Comunista a fianco di Futuro e Libertà (c'erano anche Granata, Buonfiglio e la Perina). Mentre il Pd ha preferito una serie di comizi al Pantheon. Del resto il processo Ruby, che comincerà oggi a Milano con un'udienza lampo, è partito nelle piazze già da alcune settimane. Ieri l'ultimo atto: la pubblicazione sul Corriere della Sera di tre intercettazioni telefoniche in cui il premier parla con alcune ragazze. Dopo le proteste, non solo della maggioranza, è stato il procuratore milanese Bruti Liberati a scendere in campo. «Stiamo ricostruendo. Comunque quello che è inutilizzabile, verrà distrutto». Le tre telefonate di Berlusconi con Nicole Minetti (a cui assicura di farla eleggere in Parlamento), Marysthelle Polanco e Raissa Skorkina (a cui promette aiuti anche economici) non sono utilizzabili poiché Berlusconi è un parlamentare e non possono essere trascritte se non con il via libera della Camera. Eppure sono finite negli atti dell'indagine e sui giornali. La stessa Procura di Milano, lo scorso 9 febbraio, aveva spiegato che non avrebbe chiesto l'autorizzazione alle Camere per le telefonate del premier, che «sono destinate alla distruzione perché irrilevanti ai fini dell'inchiesta». Negli ambienti giudiziari milanesi si fa notare però che l'inutilizzabilità delle intercettazioni indirette dei parlamentari, per le quali non è stata chiesta l'autorizzazione al Parlamento, vale per la fase del dibattimento e non delle indagini. Lo scontro è stato inevitabile: «La Procura di Milano trascrivendo le intercettazioni telefoniche di Berlusconi senza autorizzazione della Camera ha commesso un reato grave e ha calpestato le prerogative dei parlamentari» ha detto la sottosegretaria all'Attuazione del programma Daniela Santanchè. «Non è possibile - ha aggiunto - che chi dovrebbe far rispettate la legge sia il primo a calpestarla per giunta con subdoli intenti politici. Questa è la prova che serve una riforma della giustizia che ponga fine a questi scempi e non lasci i magistrati impuniti come se fossero gli unici uomini al mondo non responsabili delle loro azioni». Netto anche il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: «La pubblicazione sul Corriere della Sera di intercettazioni di colloqui di Berlusconi riportata abusivamente negli atti del processo senza che la procura di Milano si sia sognata di chiedere l'autorizzazione alla Camera è una gravissima violazione della legge e nello stesso tempo la conferma che ci troviamo di fronte ad una strumentalizzazione della giustizia per fini politici». Nel pomeriggio di ieri, in un vertice a Palazzo Grazioli, è stato lo stesso Berlusconi a sfogarsi con i suoi: «Contro di me è in atto un vero brigatismo giudiziario» avrebbe detto. Le accuse? «Io non ho fatto nulla». Ma stavolta anche il Pd non resta a guardare: «I testi di intercettazioni telefoniche sulle quali compaiono frasi attribuite all'onorevole Berlusconi dovevano essere custoditi con rigore, mentre invece oggi alcune loro parti compaiono sul Corriere della Sera» ha detto il vicepresidente dei senatori del Pd Luigi Zanda. Chiaro anche il presidente della Camera Fini che, intervistato da Ballarò, spiega che il processo Ruby farà male «alla credibilità di tutto il sistema, quindi anche alla politica italiana». E poi aggiunge: «Il fatto che siano utilizzate nelle carte processuali delle intercettazioni relative a utenze del presidente del Consiglio e che quindi come tali dovevano essere distrutte, non fa male alla politica, fa male al sistema Italia».

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