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"L'unità nazionale è sacra" Napolitano avverte la Lega

Giorgio Napolitano

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L'opportunità di celebrare e difendere l'unità nazionale e la coesione sociale in occasione del centocinquantesimo dell'unità d'Italia dovrebbe essere fuori discussione poiché è la doppia chiave che ha messo in campo l'Italia come nazione e l'ha fatta entrare in Europa da protagonista. E non dovrebbe essere necessario dire che «unità nazionale e coesione sociale non significano centralismo e burocratismo». Né che servono «riforme e loro conseguenti attuazioni». Il presidente Giorgio Napolitano lo ha detto ieri a Santena, dopo aver visitato la tomba di Cavour, dove ha accusato un leggero malore subito superato. Si è trattato di affaticamento e anche di una indisposizione di stomaco, ha spiegato il Quirinale dopo che i cronisti avevano notato che il capo dello Stato era insolitamente senza cravatta e pallido in volto e aveva abbreviato il programma della visita nel Castello piemontese, pur senza rinunciare a pronunciare il suo atteso discorso. Un discorso pronunciato per rispondere, sia pure indirettamente, ai distinguo e alle prese di distanza della Lega Nord rispetto alle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario e anche delle manifestazioni ufficiali per la Festa della Repubblica. Distinguo ripetuti ancora sabato davanti a Napolitano dal presidente della Regione Piemonte, il leghista Roberto Cota, che ha chiesto iniziative per «sburocratizzare» lo Stato e per ricordare che nel Risorgimento c'era pure una matrice federalista che restò inattuata lasciando posto a uno Stato centralistico. Il fatto che ieri Cota abbia apprezzato pubblicamente il discorso di Napolitano, sia pure in alcune parti, segna il successo politico della missione piemontese del presidente della Repubblica. Napolitano ha celebrato la figura di Cavour come «massimo, sapiente artefice e regista» dell'unificazione italiana e ha chiesto di rafforzare l'unità nazionale e la coesione sociale nell'unico modo possibile, superando vecchi «nodi» ancora non sciolti, superando «vizi d'origine dello Stato nazionale». Ciò si può fare, ha detto, «solo con le riforme e la loro conseguente attuazione, con indirizzi di governo a tutti i livelli, con comportamenti collettivi, civili e morali, capaci di rinnovare la società e lo Stato, mirando in particolare ad avvicinare Nord e Sud, ad attenuare il divario che continua a separarli». Sul piano della ricostruzione storica del Risorgimento, Napolitano ha richiamato tutti alla consapevolezza delle ricostruzioni storiche che mostrano il Risorgimento come il frutto di una molteplicità di apporti di varia natura e tendenza. Perciò «non si può giocare a fare i garibaldini o i rivoluzionari contro i moderati cavouriani, né a separare il ruolo di guida svolto da Cavour, fermo restando il riferimento all'autorità del Re, dall'iniziativa di Garibaldi, dagli impulsi di Mazzini, dalle intuizioni di Cattaneo». Dobbiamo far conoscere i protagonisti dell'unificazione nazionale, a cominciare da Cavour, «non come dei santini, ma come figure vive». Napolitano ha invitato anche a non cadere in «esercizi improbabili, per non dire del tutto campati in aria, di nostalgismo meridional-borbonico o di un cavourismo immaginario». Ha invitato a non «idoleggiare un presunto Cavour chiuso in un orizzonte nordista, travolto nolente dalla liberazione del Mezzogiorno». Bisogna fare riferimento non a queste fantasie ma alla storia quale è stata ricostruita in una visione unitaria, ha concluso, «per garantire la coesione della nostra società e del nostro Stato nel contesto sempre più impegnativo dell'integrazione europea e della globalizzazione».

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