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Il modello abruzzese per gli appalti

Alfredo Mantovano

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Il tema degli appalti oggi è centrale per i profili di correttezza amministrativa nel sistema economico e per il contesto globale della sicurezza: non cessano mai i tentativi di infiltrazione da parte dei clan criminali in un settore che, solo a considerare gli affidamenti di importo superiore a 150.000 euro, raggiunge circa 48.000 transazioni all'anno, per un totale di 76 miliardi di euro. Già nel 2003 un decreto dei ministri dell'Interno, della Giustizia e delle Infrastrutture aveva stabilito i profili operativi del monitoraggio delle c.d. "Grandi opere" - Legge obiettivo - per prevenire infiltrazioni mafiose, tramite una rete costituita da molteplici attori istituzionali, tra cui anche la Dna, la Dia e le forze di polizia; gli accessi ai cantieri erano stati individuati come strumento primario e insostituibile della verifica dell'eventuale presenza mafiosa: poiché questo strumento si è mostrato particolarmente efficace, nel "pacchetto sicurezza" il Governo ha esteso i poteri di ispezione dei Prefetti, tramite i Gruppi interforze, a tutti i cantieri impegnati nei pubblici appalti, e non più solo a quelli impegnati nelle Grandi opere. Da questo all'emergenza post terremoto in Abruzzo il passo è stato breve. La ricostruzione impegna lungo due direttrici: assicurare flessibilità ed efficacia alle opere di ricostruzione, scongiurare la ripetizione di esperienze come quella irpina del 1980, e quindi prevenire le infiltrazioni sia nell'affidamento e nell'esecuzione di contratti pubblici, sia nelle erogazioni e nelle concessioni di provvidenze pubbliche. A diretto sostegno del Prefetto di L'Aquila è stata istituita una sezione specializzata del Comitato per la sorveglianza delle grandi opere, che si coordina con un Gruppo interforze centrale per l'emergenza, del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. È stato individuato un sistema di tracciabilità dei flussi finanziari relativi a tutte le tipologie di contratto, fornitura e servizi, e la costituzione di elenchi di fornitori e prestatori d'opera non soggetti a condizionamento mafioso. La mole di lavoro svolta è consistente: - oltre 1200 richieste di accertamenti antimafia pervenuti al Centro operativo di Roma: di esse oltre 850 sono state evase; - conseguente effettuazione di ricerche documentali da parte del gruppo di lavoro, per consentire al Centro operativo DIA di Roma capitale di riscontrare tempestivamente ed in maniera esaustiva le richieste prefettizie; - esecuzione di 11 accessi ispettivi a cantieri aperti per la ricostruzione, ad opera del Gruppo Interforze costituito presso la Prefettura di L'Aquila. Nel corso di tali accessi, si è proceduto al controllo di 2353 persone fisiche, 689 imprese, 411 mezzi, all'invio di 5 notizie di reato e alla emissione di 6 informative interdittive nei confronti di altrettante imprese, sulla base degli elementi conoscitivi acquisiti sul piano info-investigativo. Dunque, si è messo in moto un processo preventivo assai imponente per dimensioni, cui corrisponde un'elevata qualità della strategia, tanto che il "modello abruzzese" è diventato una "best practice" e, in tesi, divenire un software esportabile in altre realtà. Esso trova riscontro già da subito nelle riflessioni del pool tecnico/giuridico che sta articolando gli interventi normativi ed organizzativi proposti dai Ministri dell'Interno e della Giustizia nell'ambito del c.d. "piano straordinario antimafia": un assetto importante del quale è costituto da proposte inerenti la tracciabilità dei flussi finanziari inerenti i pubblici appalti.

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