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Il popolo conta più dei giudici

Silvio Berlusconi

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E ora? E ora che succede? È la domanda che si stanno facendo tutti nei palazzi della politica. Non esiste una risposta, ne esistono varie. Anzitutto Silvio Berlusconi è a mille. Su di giri. Come sempre accade in questi casi, ovvero quando gli arrivano sul collo batoste pesanti, il Cavaliere vive minuti, qualche volta ore, di depressione. Poi si esalta. Si autoesalta. E così è capitato anche ieri. In mattinata il Cavaliere ha saputo che per il lodo Alfano non c'era più nulla da fare. Ha avuto telefonate con alcuni suoi ministri e poi anche con Gianfranco Fini che lo aveva invitato alla moderazione.   Di qui una prima dichiarazione del portavoce del premier dai toni istituzionalmente ineccepibili: «È una sentenza politica, ma il presidente Berlusconi, il governo e la maggioranza continueranno a governare». Il ragionamento di Berlusconi fino a quel momento tenedeva al catastrofista. Ora mi condannano a tempo di record, era il suo pensiero, la sinistra non si presenterà più in Parlamento. La democrazia apparirà bloccata, il Paese rischia lo stallo e e sarò costretto a dimettermi. E lo farò, si era ripromesso. Quindi ha cambiato umore. «Adesso mi tolgo un peso dallo stomaco, adesso dico tutto quello che penso», ha annunciato ai deputati che hanno parlato a telefono con lui. Ha chiesto esplicitamente di attaccare il presidente della Repubblica: «Se voleva fare qualcosa, poteva farlo», ha insitito. In privato lo considera pressappoco un bolscevico che trama contro di lui, dipinge la magistratura come un'accolita di corrotti e comunisti. Subito dopo è andato a ruota libera, senza freni, contro tutto e contro tutti. Come accade in questi momenti il premier si autoconvince che il mondo è contro di lui. Una ventina di minuti dopo le sette di sera è uscito di casa, ha attraversato la strada per andare all'inaugurazione della mostra di pittura «Il potere e la grazia» a Palazzo Venezia. Ha visto i giornalisti asserragliati alle transenne, s'è fiondato su di loro ed è partito a palla: «Mi sento preso in giro, Napolitano non mi interessa». E ancora: «La Consulta è di sinistra, io vado avanti. Dobbiamo governare cinque anni, con o senza lodo. Non ci ho mai creduto perché con una Corte Costituzionale con undici giudici di sinistra era impossibile che approvassero questo». Un attimo di pausa e riparte: «La sintesi qual è? Meno male che Silvio c'è. Se non ci fosse Silvio con tutto il suo governo, con un supporto del 70% degli italiani, saremmo in mano a una sinistra che farebbe del nostro Paese quello che tutti sapete. Quindi va bene così». Dunque l'affondo contro tutti: «Abbiamo una minoranza di magistrati rossi che è organizzatissima e che usa la giustizia a fini di lotta politica. Il 72% della stampa è di sinistra, gli spettacoli di approfondimento della tv pubblica pagata con i soldi di tutti, sono di sinistra, ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici». Un lungo sfogo a cui il Quirinale si è limitato a ribattere rispondendo che il presidente è sempre stato imparziale. Un piccolo argine che non è servito a nulla perché Berlusconi non vuole fermarsi. Statene certi, oggi ci saranno altri deputati del Pdl che accuseranno il Colle di poca imparzialità. Lui, Silvio, si sfogherà sino a sazietà. Poi elaborerà una strategia. Quale? Tra i suoi fedelissimi resiste l'ipotesi di una grande manifestazione di piazza, il 5 dicembre a Roma. Una manifestazione memorabile, almeno nelle intenzioni. Altra ipotesi potrebbe essere anche quella di anticipare il megacorteo, magari già a novembre anche perché un condanna appare omai prossima. E comunque i magistrati sembrano non avere più limiti nei suoi confronti, attaccando il suo patrimonio personale al limite dell'esproprio; attaccando giudiziariamente; smontandogli anche le leggi che dovevano essere a sua protezione. E le dimissioni? In serata sembravano un'ipotesi rientrata. Il ricorso alle urne appare più lontano. «Non abbiamo mai considerato le elezioni anticipate - ha detto il premier intervenendo telefonicamente a "Porta a porta" - le elezioni ci sono già state, gli italiani hanno eletto una maggioranza alla quale hanno confermato il loro gradimento». In serata, parlando con i fedelissimi, il premier ha anche sottolineato che «ci sono le Regionali, quello sarà il vero test nazionale. A questo punto diventeranno elezioni politiche». Un Berlusconi battagliero. Che una nota di Palazzo Chigi in serata sembrava riportare nell'ambito dell'istituzionalmente corretto: «Non posso non rispettare il responso della Corte Costituzionale nel quadro di un sistema democratico. Prendo atto tuttavia che questo sistema, soprattutto per le modalità con cui vengono eletti i membri della Corte, rischia di alterare nel tempo un corretto equilibrio fra i poteri dello Stato, i quali traggono tutti origine dalla sovranità del popolo. La solidità di questo governo - prosegue il presidente del Consiglio nel comunicato scritto - non è in alcun modo intaccata da questo pronunciamento né tantomeno la mia volontà di proseguire con determinazione nel mandato ricevuto dal popolo e rinnovato in tutte le più recenti competizioni elettorali. Una volontà che si rafforza e che riceve ogni giorno il sostegno compatto e solidale della volontà politica della maggioranza che sostiene l'attuale governo».

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