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Anticrisi, sì alla fiducia ma il Sud non vota

Gianfranco Fini e Giulio Tremonti

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Il governo incassa la fiducia sul decreto anti-crisi, ma non si placano le fibrillazioni nella maggioranza sul «caso Sud» che agita l'esecutivo con ripercussioni anche sull'Aula. Ai 294 sì della maggioranza alla Camera sono mancati, infatti, quelli dell'Mpa di Raffaele Lombardo, ma anche quelli di un gruppetto di parlamentari siciliani del Pdl, che hanno partecipato alla riunione di Sorrento per il Partito del Sud con Gianfranco Miccichè (anche lui assente perché in missione). Il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che in un'intervista ha bollato come un «attacco politico» nei suoi confronti la vicenda delle autorizzazioni sugli impianti di energia così come prevista dal testo, è in Svezia e non ha partecipato al voto, ma ha trovato un alleato nel commissario Ue all'Ambiente Dimas, che ha chiesto spiegazioni in materia. Non si fa vedere nemmeno il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, mentre c'è il Senatur Umberto Bossi che ne approfitta per lanciare un bella stilettata su tutta la vicenda. «Stiamo a vedere — dice a chi gli chiede se il Carroccio tema un partito del Sud — e se son rose fioriranno». Certo, non manca di aggiungere, «rischiano di uscire pasticci, ma d'altra parte la politica è piena di pasticci...». Lancia segnali anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini che nel passaggio più applaudito dai suoi nel discorso in Aula, «provoca» l'Mpa. «Ai colleghi dell'Mpa dico — attacca — non bisogna non votare la fiducia, ma bisogna restare e votare no: bocciare una politica che trasferisce risorse al sud al nord e rischia di fare nascere una gigantesca questione del Mezzogiorno». Casini, tra l'altro, se la prende anche con il presidente della Camera Gianfranco Fini accusandolo di aver mancato all'impegno politico preso con i gruppi sul provvedimento. Sul testo, attacca, «siamo molto rammaricati non solo del rapporto tra il Parlamento e il governo ma anche da quello tra la presidenza e i gruppi». Il Parlamento, scandisce, «è stato espropriato». È la stessa accusa che viene da tutta l'opposizione. Il Pd con Pier Luigi Bersani parla di «svuotamento» delle Camere da parte della maggioranza mentre Dario Franceschini accusa la maggioranza di un «abuso». Va giù pesante anche il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro che torna a chiamare in causa Napolitano come «ultima chance» perché «pensare di fermare un manipolo di incoscienti in un'Aula parlamentare oggi significa mancare di senso politico e della realta». L'opposizione si prepara dunque a continuare la propria battaglia in Aula a suon di ordini del giorno che si preannunciano numerosi e che saranno esaminati lunedì. Martedì ci sarà il via libera di Montecitorio. Il testo poi passerà al Senato dove sono molto probabili modifiche a partire dal nodo dell'articolo 4 del testo, quello contestato dal ministro dell'Ambiente. A quel punto il decreto tornerebbe alla Camera per un passaggio velocissimo secondo una tabella di marcia che prevede l'arrivo del provvedimento dal Senato sabato primo agosto, una capigruppo lunedì mattina del 2 per definire i tempi dell'esame in Aula e l'approvazione finale del decreto il 4 agosto.

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