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Paolo Zappitelli [email protected] Dopo la modifica ...

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Ma per arrivare a quell'ipotesi c'è bisogno, spiega, che «il 2008 sia considerato un pezzo di legislatura da dedicare completamente alle riforme». Berlusconi però continua a escludere che si possa trattare anche sulla riforma istituzionale. E ripete che fatta la modifica della legge elettorale si deve andare a votare. «Io sono tra quelli che non considera né irritante né scandaloso che il capo dell'opposizione chieda la caduta del governo. E che voglia andare alle urne nel 2008. Ma sciogliere la legislatura prima che questa sia arrivata alla metà provoca inquietudini anche tra i suoi». Perché? «Perché toglierebbe ai parlamentari la possibilità di continuare a versare i contributi previdenziali. Insomma di avere la pensione». È un'immagine poco edificante della vita politica... «Io infatti mi concentrerei su temi diversi. Il fatto nuovo è che Berlusconi e Veltroni si sono visti e hanno deciso di stabilire una tregua. E anche le dichiarazioni di oggi di Berlusconi vanno in quella direzione. Non si considerano più nemici, hanno infranto un tabù sul quale negli ultimi anni si è costruita la base del consenso dei due schieramenti». I tempi pero sono stretti, entro la metà del prossimo anno bisogna cambiare la legge elettorale, altrimenti c'è il referendum. «Infatti la tabella di marcia è dettata da scadenze effettive. Ma anche con il referendum dopo bisognerà rimettere mano al sistema di voto». Perché? «Perché il vero rovello è il modo in cui si elegge il Senato. E il referendum non scioglie questo nodo». Ma se Veltroni riuscirà a portare a termine in 12 mesi tutto il percorso di riforme avrà ancora senso tenere in vita il governo? «Ci sono due ipotesi: la prima è che serva una verifica dei rapporti di forza politici e quindi si vada a votare nel 2009. La seconda è che a Berlusconi e Veltroni venga voglia di ancora più pace. E continuino su quella strada». Lei su quale scommetterebbe? «Se in 12 mesi facciamo tutte le riforme credo che nessuno possa dire che sia una forzatura tornare alle urne». Veltroni sostiene che il lavoro sulle riforme e il lavoro del governo vanno tenuti divisi. Ma i «piccoli», che con una riforma elettorale come quella che vogliono i due leader scomparirebbero, potrebbero provocare questo «corto circuito» e far cadere Prodi. «I piccoli politicamente devono morire. È così in tutto il mondo occidentale, hanno rappresentanza solo se superano una soglia minima. Vogliono far saltare il banco prima della riforma? È un rischio anche per loro, perché si va a elezioni anticipate con questa legge elettorale e con un risultato molto pericoloso per il centrosinistra». Intanto Prodi è scomparso, i giochi si fanno senza di lui. È una scelta oppure si è trovato, suo malgrado, messo nell'angolo? «Prodi fa un po' il nonno, che tutela tutti, anche i partiti minori. Credo che un po' se la sia cercata ma potrebbe essere un vantaggio. Lasciare al Parlamento e non al governo il compito della riforma elettorale mi sembra l'atteggiamento più giusto».

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