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Ma su Unipol difende il premier

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Così è stato, almeno fino a quando Pier Ferdinando Casini e Massimo D'Alema, ospiti di Bruno Vespa nel salotto di Porta a Porta, non hanno cominciato a parlare di «questione morale». Replicando a Casini, che ribadiva quanto detto sabato alla festa dell'Udc sulla neve, e cioè che la sinistra non può attribuirsi alcuna superiorità morale, D'Alema ha spiegato che il vero tema è «fare in modo che la politica dia l'esempio». «Nessuno ha mai teorizzato una superiorità antropologica della sinistra. Quello che chiediamo - ha sottolineato il presidente Ds - è che la politica rispetti le regole, la legge, non porti arricchimenti personali. Ad esempio sarebbe opportuno che i partiti non candidassero persone indagate, inquisite per reati particolarmente gravi come quelli legati alla mafia. Capisco - ha aggiunto rivolgendosi a Casini - che dobbiate dare una certa sfoltita, ma sarebbe d'esempio». Parole che hanno suscitato la secca e immediata reazione di Casini, che ha chiesto al presidente dei Ds di fare i nomi. «Penso al presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro», ha replicato D'Alema. A questo punto Casini ha difeso l'esponente del suo partito. «Cuffaro - ha ribattuto - non è stato mai condannato, sono dispiaciuto che questo attacco venga da una persona come te, si tratta di un altro caso di giustizialismo, di garantismo ad intermittenza...». «Una cosa sono le garanzie del cittadino - ha replicato D'Alema - altra le garanzie che deve offrire la politica». «Secondo queste regole - ha continuato Casini - Andreotti non avrebbe potuto essere candidato dell'Udc. In più Cuffaro si è dimesso da parlamentare europeo, organismo che garantisce i suoi eletti con un'immunità parlamentare ben più ampia di quella nazionale, per difendersi. Un comportamento trasparente che credo gli faccia onore». «Come presidente della Regione Sicilia non poteva conservare anche il ruolo di europarlamentare quindi lasciamo stare...», ha chiosato D'Alema. Ma le schermaglie tra i due non si sono fermate qui. E, un po' a sorpresa, Casini ha anche vestito i panni di «difensore» del premier. È accaduto quando D'Alema ha contestato il modello a tre punte. «Da noi chi ha più gol - ha replicato Casini - va a Palazzo Chigi e gli arbitri sono gli elettori. Del resto Berlusconi guida la coalizione perché è il capo di un grande partito, si assicurerà i suoi eletti sulla base dei voti raccolti, come faremo io e Fini. Prodi invece vedo che discute sulle sue candidature senza avere un partito». Ma il presidente della Camera ha fatto di più parlando della vicenda Unipol. «Mi ricordo bene - ha ricordato - del giustizialismo di Di Pietro. Ma noi non siamo garantisti a senso unico, lo siamo anche nei confronti del centrosinistra e respingiamo il giustizialismo anche se di giustizialismo la sinistra ne ha fatto a messe nei confronti di Berlusconi. I Ds facciano un atto di coraggio e si differenzino dal giustizialismo di una certa sinistra». Ma l'idillio è durato poco. Alla domanda se Berlusconi fosse una risorsa o una zavorra, Casini ha risposto: «Certo che è una risorsa, visto che porta al centrodestra molti voti di moderati». Poi, dopo una breve pausa, ha aggiunto: «Ma a proposito di risorsa o zavorra, ci sono nel mondo giocatori di calcio straordinari che fanno gol straordinari. Ma se hanno fatto gol o autogol si vede solo al 90°». Per il resto Casini ha difeso il principio di inappellabilità contenuto nella legge Pecorella (che Ciampi ha rinviato alle Camere) spiegando che non è il principio, ma il meccanismo che «deve essere cambiato» e ha avuto parole d'apprezzamento per la nuova legge elettorale che, a suo avviso, «assicura governabilità».

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