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Rampini smonta i talebani del clima: "La lotta deve partire in Cina non a Roma"

Luca De Lellis
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Il caldo torrido dell’ultima settimana italiana infiamma anche il dibattito pubblico.  E, persino in questo contesto, è sbocciata la polemica tra chi si disinteressa del cambiamento climatico e chi invece individua nelle temperature abbondantemente sopra i 40 gradi un grosso campanello d’allarme. Tanto che anche il Times, quotidiano britannico, ha titolato Roma “the infernal city”. Federico Rampini, durante la puntata di Controcorrente in onda su Rete 4 martedì 18 luglio, ha cercato di riportare nella realtà i talebani del clima: “Tutto l’emisfero Nord, nel momento d’estate, conosce dei picchi di temperatura molto elevati, anche se ci sono zone come l’Inghilterra che costituiscono un’eccezione”, ha esordito l’editorialista da New York per il Corriere della Sera. Che poi ha proseguito: “Qui in America si parla anche del caldo di Roma, ma tra tante altre cose”.

 

L’ospite della conduttrice Veronica Gentili ha poi svelato un retroscena “sulla relazione tra Cina e Stati Uniti”, che sulla “lotta al cambiamento climatico stanno cercando di trovare una linea comune nonostante i pessimi rapporti e i litigi continui su tutto”. Tutto ciò scaturisce però da un presupposto non trascurabile, e cioè “c’è la consapevolezza che quella lotta lì deve partire in Cina, non a Roma”. Il perché è presto detto: “La Cina emette ormai più CO2 di Stati Uniti e Unione Europea sommate insieme”.

 

Secondo Rampini il contributo dell’Italia e, in generale, dell’Europa nella lotta al cambiamento climatico può essere solo marginale. “Le decisioni che invece prende Pechino sul tema hanno un impatto notevole”. E come si affronta il dibattito in Cina? “Diversamente rispetto a noi e agli Stati Uniti, che sono molto simili”, perché lì “l’approccio è pragmatico”. Da diverso tempo, spiega il giornalista, “le autorità governative hanno abbracciato l’idea che il cambiamento climatico sia provocato prevalentemente dall’attività umana”. E poi “la Cina investe molto nelle energie rinnovabili, tra le quali include il nucleare come prima risorsa, ma sono grandi fruitori anche dell’energia rilevata dai pannelli solari”. Però, conclude Rampini, in Cina “sanno benissimo che le rinnovabili da sole a oggi non bastano e quindi continuano ad aprire centrali a carbone, perché credono che bisogna continuare a produrre per adattarsi al caldo e banalmente avere l’aria condizionata negli ospedali”.

 

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