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Pasticcio Superbonus: dopo i conti ora il governo tuteli anche le aziende

Stefano Cianciotta
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Tutelare gli interessi dei balneari arrivando a rischiare addirittura la procedura di infrazione con l’Unione Europea per difenderli; anteporre la salvaguardia legittima dei conti pubblici al possibile fallimento di una parte fondamentale della filiera industriale dell’economia italiana. Gli imprenditori delle costruzioni senza giri di parole hanno detto chiaramente in questi giorni di essere stati confinati dal Governo in un gradino molto più in basso dei balneari, categoria che oggi viene presa come termine di comparazione nella battaglia contro la Ue. L’Europa di errori determinati soprattutto da presunzioni ideologiche ne sta commettendo a iosa, basti pensare alle ripercussioni sul sistema industriale europeo delle direttive green che vogliono obbligare i proprietari a riqualificare gli immobili o lo stop alle automobili a combustione dal 2035. Ma stavolta, però, la responsabilità è anche degli imprenditori delle costruzioni. Che il sistema dei bonus era in affanno, e che il meccanismo innescato dal superbonus stesso non poteva più reggere, era evidente da almeno un anno. E se alle parole di critica l’allora premier Draghi non aveva fatto seguire alcuna azione correttiva, oggi un po’ come è già accaduto con la problematica degli impianti di distribuzione degli idrocarburi (tema sul quale proprio Draghi si è guardato bene dal prendere una posizione netta), è toccato ad un governo politico intervenire per tentare di risolvere la questione. Che prima di tutto ha riguardato la salvaguardia dei conti pubblici.

 

 

Un Paese che ha oggi un rapporto debito/Pil al 147%, dopo avere sostenuto a debito spese ingenti nel periodo Covid e prodotto altro debito consistente pluriennale con il Pnrr, non poteva più alimentare all’infinito operazioni come il superbonus. Con il decreto del Governo viene a cadere definitivamente la retorica perversa del gratuitamente di Conte e del Movimento 5 Stelle, che dovrebbero rispondere anche alle migliaia di famiglie che hanno contratti firmati e che rischiano contenziosi pluriennali con le imprese. Anche la soluzione tampone di ridurre il superbonus al 90% era chiaro che si trattava di una panacea, perché non avrebbe contribuito a risolvere il problema. Che ad un certo punto ha rischiato di allargarsi coinvolgendo gli enti locali, il cui contributo alla risoluzione della questione, ammesso e non concesso che fosse stato legittimo, era comunque un’inezia a fronte di decine di miliardi di crediti incagliati, e avrebbe innescato un’inevitabile diatriba con Bruxelles.

 

 

La Pubblica amministrazione che riacquistava i propri crediti d’imposta con i soldi europei, infatti, avrebbe potuto generare un cortocircuito finanziario e di contabilità pubblica, all’interno di un mercato già pesantemente drogato dal superbonus. Dopo la salvaguardia dei conti pubblici, però, oggi è prioritario evitare il fallimento delle imprese, soprattutto ora che il settore dell'edilizia aveva ricominciato ad ingranare, e che ha contribuito con tutta la filiera almeno per il 25-30% al conseguimento del biennio record del Pil italiano nel periodo post Covid. Da domani, quando ci sarà il primo incontro tra le parti sociali, il mantenimento in esercizio delle imprese dovrà essere il tema prioritario nell’agenda di governo.

 

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