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I cittadini pagheranno il flop dei “migliori”: agli italiani restano le tasche vuote

Gianluigi Paragone
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Difronte ai penultimatum dei grillini e di Giuseppe Conte, Mario Draghi avrebbe esclamato: «Ne ho le tasche piene». Dev'essere pesante, per un uomo come lui abituato a confrontarsi solo con burocrati e banchieri, fare i conti con gli umori di una istituzione fatta a pezzi ma che rappresenta nel bene e nel male il popolo, cioè il Parlamento. Che il Movimento abbia tradito le ragioni per cui si trova così numeroso tra Camera e Senato è fuori discussione, ma non è di per sé sufficiente a evitare il confronto con le forze politiche. La mancata elezione di Draghi al Colle è in parte anche figlia di questa incomunicabilità, ma evidentemente la lezione non è bastata. Ne ha le tasche piene, dunque. E verrebbe da dire, beato lui; perché gli italiani invece le tasche le hanno sempre più vuote. E si domandano: ma questo non doveva essere il più bravo? Non era quello che aveva salvato l'euro dagli speculatori? Draghi è bravo nel suo campo ristretto, e le sue ricette funzionano se sei un soggetto nel suo radar elitario, privilegiato: multinazionali, banche d'affari, investitori rapaci, reti relazionali di altissimo livello. Se invece sei fuori allora non ce n'è per nessuno. E pazienza se il gradimento per il fu SuperMario scende: lui se ne può fregare. Forse.

 

 

Se dunque le sue tasche sono piene di capricci altrui, le tasche degli italiani sono vuote per le troppe parole a vanvera, pronunciate dallo stesso premier e dai suoi ministri. Certo, anche da lui: chi non si vaccina muore; preferite la pace o i condizionatori; il Superbonus è fallimentare e via di questo passo. E ovviamente se il Capo parla a vanvera, figuratevi il resto della ciurma, da Cingolani a Bianchi, passando per la Lamorgese col suo famoso moto ondulatorio. In questo bailamme di dichiarazioni, per motivi diversi, «spiccano» Roberto Speranza e Daniele Franco. Speranza non ha altro verbo se non quello del chiudere tutto, vaccinare, tenere bloccata l'Italia. Daniele Franco - vi state domandando chi sia, vero? - è il ministro dell'Economia: di lui non si hanno notizie, non parla, non spiega, non si fa vedere. La Burocrazia pubblica è maestra nell'arte della invisibilità. E allora vale la pena domandarsi perché non parla.

 

 

Risposta, perché non sa cosa dire: il potere d'acquisto delle famiglie è al collasso (le tasche piene di Draghi contro le tasche vuote degli italiani); l'inflazione è ora un problemone, in barba alle analisi dei soliti esperti economici; l'euro ha perso la sua forza; il caro prezzi, dall'energia alle materie prime, rallenterà la produzione. E poi ancora il livello delle retribuzioni italiane e di molte pensioni... Il titolare del Mef non parla perché non ha soldi da mettere sul piatto dell'economia reale. Possibile che non abbia nulla da dire se non la solita litania dei soldi a prestito del Pnrr? Davvero la gente quest'autunno e quest'inverno si sfamerà e si scalderà con i soldi di Bruxelles? Suvvia, la stagione dei tecnici e di chi non si è confrontato con il Paese reale ancora una volta si sta dimostrando fallimentare e cinica per la lontananza con i cittadini. Sul cui tavolo arriverà anche questa volta il conto di un fallimento ingigantito dalle cure dei più bravi.

 

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