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Israele-Hamas, il caso Yahya Sinwar dietro il no allo scambio di ostaggi e prigionieri

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Sarebbero 199 gli ostaggi israeliani in mano a Hamas. Non sembrano esserci margini di trattativa al momento tra il gruppo terrorista che ha sferrato l'attacco di sabato 7 ottobre e lo Stato ebraico. Tra i motivi per cui il governo israeliano non vuole dare il via libera alla liberazione di prigionieri palestinesi in cambio degli ostaggi nelle mani di Hamas a Gaza ce n'è uno che ha un nome e un cognome: Yahya Sinwar, il "macellaio di Khan Yunis". Tra le ragioni del no opposto finora c’è il precedente rappresentato da quest’uomo, attuale responsabile del Movimento islamico nella Striscia. Nel 2011 infatti Israele rilasciò 1.027 detenuti palestinesi in cambio del soldato Gilat Shalit, tenuto in ostaggio da Hamas per 5 anni, ricostruisce l'Agi. Tra i palestinesi liberati figurava Sinwar, nel frattempo diventato "nemico dello Stato ebraico" e ricercato numero uno dai servizi di sicurezza israeliani. "Sinwar è il volto del male. È come Osama Bin Laden. Questo attacco è una sua idea e ora lo troveremo", ha dichiarato il portavoce dell’esercito israeliano Richard Hecht, mentre si prepara l’operazione di terra su Gaza. Un attacco che ha tra gli obiettivi primari quello di eliminare Sinwar. Nato nel 1962 nel campo profughi di Khan Yunis, il leader di Hamas a Gaza cresce nel mito della resistenza e nella rabbia dell’ingiustizia vissuta dalla propria famiglia, originaria di Ashkelon ma costretta a migrare in uno dei campi profughi più popolosi e duri della Striscia. Sempre a Khan Yunis, non a caso, è nato Mohammed Deif, capo dell’ala militare di Hamas, le brigate Ezzedin al Qassam.

 

Il primo arresto di Sinwar arriva nel 1982 e la detenzione dura solo un anno. A farlo finire in carcere è la vicinanza con Salah Shehadeh, uno dei leader storici di Hamas ed ex capo del bracco armato del Movimento islamico. Sinwar fa infatti parte di una unità antispionaggio della resistenza palestinese, uno dei tanti gruppi che poi nel 1987 finiranno sotto l’ombrello di Hamas. Il primo arresto non impedisce a Sinwar di partecipare, sempre nel 1987, alla fondazione del Movimento di resistenza palestinese. Nel 1988 arriva un secondo arresto e la condanna a quattro ergastoli dopo che Sinwar partecipa a un attacco in cui perdono la vita due militari israeliani e ordina l’uccisione di quattro palestinesi accusati di collaborazionismo. Rimarrà in carcere 23 anni, fino allo scambio del 2011 con il soldato Shalit, rapito dalle brigate Ezzedin al Qassam nel 2006. Passano quattro anni dalla sua liberazione e Sinwar entra nella lista internazionale dei ricercati degli Stati Uniti, mentre due anni dopo porta a termine la propria scalata all’interno del Movimento e diventa numero uno a Gaza, alle spalle del capo politico Ismail Haniyeh, che si trova all’estero. Sinwar gestisce la Striscia con il pugno di ferro nei confronti dei miliziani e tolleranza zero con i corrotti: ordina l’esecuzione del comandante Mahmoud Ishtiwi, reo di aver sottratto soldi al Movimento. Ora Israele ha deciso di non dargli tregua e non offrirgli alcuna via d’uscita. "Potrà essere una cosa lunga, ma siamo alle calcagna di Sinwar e di tutti i suoi uomini. Non avranno scampo", ha ribadito il portavoce dell’esercito israeliano, deciso a liberarsi del suo nemico numero uno. 

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