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Medio Oriente, dopo il massacro Israele pronto all'offensiva totale

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Supera quota mille il numero di persone morte in Israele dopo l’attacco lanciato sabato da Hamas. Mentre i soldati israeliani riprendono «il pieno» controllo degli insediamenti al confine con la Striscia di Gaza, giungono particolari raccapriccianti. Nel kibbutz di Kfar Aza, assaltato da Hamas, l’esercito israeliano ha trovato fra le vittime anche una quarantina fra neonati e bambini, alcuni di loro erano decapitati. Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha annunciato che Israele è ormai pronto «all’offensiva totale», «Hamas voleva un cambiamento a Gaza e lo avrà, non sarà mai più quella di prima. Chiunque venga a decapitare, uccidere donne e sopravvissuti all’Olocausto sarà eliminato senza compromessi». Dalla Striscia di Gaza intanto continuano a cadere razzi sul territorio israeliano. Prese di mira Tel Aviv e soprattutto la città costiera di Ashkelon, non lontana dalla Striscia, dove Hamas ha invitato già nel primo pomeriggio la popolazione a evacuare in vista di un attacco che sarebbe iniziato alle 17, come effettivamente accaduto. Anche la situazione a Gaza è sempre più pesante, i morti palestinesi accertati sono oltre 700, con la popolazione che non può lasciare la Striscia.

L’Egitto ha infatti annunciato di aver chiuso «fino a nuovo avviso» l’unica via d’uscita, il valico di Rafah, colpito dall’esercito di Tel Aviv. Parallelamente le forze armate israeliane devono presidiare il fronte nord, dove il rischio di un’ampliamento del conflitto è sempre concreto. Nel pomeriggio c’è stato un nuovo scontro a fuoco con lancio di razzi da parte dei militanti libanesi di Hezbollah, al quale le forze israeliane hanno risposto. La situazione di emergenza spinge Israele verso il governo di unità nazionale. In giornata, ha spiegato il partito di opposizione Likud, sono stati fatti dei «grossi passi in avanti» in merito. Resta sempre alta, poi, l’apprensione a livello internazionale per gli ostaggi che Hamas ha portato nella Striscia di Gaza. Secondo l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, sarebbero «fra i 100 e i 150». Tra loro potrebbero esserci anche i due italo-israeliani Eviatar Moshe Kipnis e Liliach Lea Havron, ha confermato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Appelli alla liberazione degli ostaggi arrivano anche dalle Nazioni Unite, ma Hamas tiene la linea dura. «Nessuna trattativa sui prigionieri detenuti dalle forze della resistenza» palestinese finché la campagna militare «non sarà finita», ha detto Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico. Hamas ha confermato di essere pronta a combattere «una lunga guerra». Il convitato di pietra resta l’Iran, con la guida suprema, Ali Khamenei, che è tornato ad attaccare Israele: «Il regime usurpatore sionista ha subito un fallimento irreparabile, sia militarmente che in termini di intelligence». Teheran ha negato ancora una volta però di aver aiutato Hamas a compiere la sua azione. Per il momento anche la Casa Bianca ha dichiarato che «non ci sono prove» di un coinvolgimento «diretto» degli iraniani.

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