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Spagna, Sanchez perde le elezioni e si dimette: cade l'idolo di Schlein

Pietro De Leo
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Per quanto ogni elezione locale faccia storia a sé, esiste una circostanza complessiva che emerge dalla tornata amministrativa, ossia che un certo tipo di sinistra viene bocciata sui territori. Una sinistra che si rifà a leadership nazionali molto connotate sul piano ideologico. Questo è vero in Italia, dove la segretaria Pd Elly Schlein subisce una sconfitta elettorale che certifica il disallineamento del suo messaggio rispetto alle aspettative popolari, sempre tenendo conto della dinamiche locali che prevalgono nelle elezioni amministrative. Antifascismo in assenza di fascismo, retorica Lgbt+, allusione alla necessità di patrimoniali, ambientalismo ideologico che porta a strizzare l’occhio agli eco-imbrattatori. E un velo di cancel culture, testimoniato dall’assenza di solidarietà quando, a Torino, al ministro della Famiglia Eugenia Roccella è stato impedito, da un gruppo di femministe, di presentare il proprio libro. Una tendenza sociale che pare correre lungo il Mediterraneo. Sì, perché mentre la Schlein si preparava mestamente a fare i conti con la sconfitta del Pd nelle città, in Spagna il Primo Ministro socialista Pedro Sanchez aveva già ampiamente preso contezza della propria, presentando le dimissioni per andare a votare il 23 luglio prossimo. Una mossa tattica, anticipare i tempi (le elezioni generali in Spagna, a scadenza naturale, sarebbero state a fine anno), nella speranza, alquanto ottimistica che il centrodestra non riesca a organizzarsi.

 

 

Lunedì, Sanchez ha certificato il proprio tracollo. Il Partito Popolare, principale forza di centrodestra nei voti totali supera i socialisti di 750 mila voti. Tiene Madrid, toglie al Partito Socialista 15 capoluoghi di provincia su 22. Tra cui alcune roccaforti come Siviglia, Castellon, Valladolid. Il Partito Popolare, a livello regionale, vince anche nelle Isole Baleari, Valencia e Murcia, per quanto in quei territori sarà necessario un accordo con Vox. Il partito socialista perde anche a Barcellona, dove Ada Colau viene superata dall’indipendentista catalano Xavier Trias. E ben sappiamo quanto, in questi anni, la città catalana sia stata una sorta di «laboratorio» per tutte le tesi politicamente corrette, specie di ispirazione Lgbt.

 

 

Così come è facile ricordare le analogie tra Sanchez e Elly Schlein. Quest’ultima, durante la campagna elettorale per la conquista della leadership Pd, si è più volte richiamata al leader spagnolo come una sorta di punto di riferimento ispiratore. Anche lui, infatti, abbraccia quella linea politica del neo-progressismo ideologicamente marcato. Ne è un esempio, la «Ley Trans», che consente a quanti hanno più di 16 anni, di «autodeterminare» la propria identità di genere. Un’innovazione normativa avversata tanto dai cattolici quanto dalle femministe. E mentre il trend elettorale delinea un cupo futuro per Sanchez, una lezione opposta arriva invece dall’Inghilterra. Lì per i laburisti, guidati da Keir Starmer, parlano di «supply side economics», di crescita dei salari come conseguenza di investimenti produttivi, il consenso cresce.

 

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