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Russia, quei suicidi sospetti degli oligarchi di Putin. La lunga striscia di morte

Alessio Buzzelli
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Ravil Maganov, presidente del consiglio di amministrazione del colosso petrolifero russo Lukoil, è morto ieri all'età di 67 anni in circostanze misteriose. Il manager, secondo quanto riportato dall'agenzia Tass, nella mattinata di giovedì sarebbe caduto, per ragioni ancora da chiarire, dalla finestra del sesto piano del Central Clinical Hospital (TsKB) di Mosca, ospedale in cui era ricoverato da qualche tempo. Una ricostruzione, questa, ancora tutta da verificare, anche perché la stessa Lukoil, in una breve nota rilasciata ieri, avrebbe offerto una versione completamente diversa dell'accaduto: secondo quanto dichiarato dal grande gruppo petrolifero, infatti, Maganov sarebbe morto «a seguito di una grave malattia» e non cadendo da una finestra. Per il momento, dunque, la morte del sessantasettene resta avvolta nel mistero, ultima di una lunga serie di strane sparizioni che, dall'inizio del conflitto russo-ucraino, hanno riguardato diversi pesi massimi dell'industria russa. Da gennaio ad oggi, infatti, sono stati ben nove i manager o ex-manager di grandi aziende legate alla Russia deceduti in circostanze assai oscure, tra cadute accidentali, strani suicidi-omicidi e persino misteriose pozioni sciamaniche avvelenate.

 

 

L'ultimo decesso in ordine di tempo era stato quello di Yury Voronov, dirigente di una società di logistica che forniva servizi alla petrolifera russa Gazprom nell'Artico, il cui corpo è stato trovato senza vita il 6 luglio scorso nella piscina della sua villa nei pressi di San Pietroburgo, ucciso con un colpo di pistola alla testa. Nonostante nei giorni successivi gli investigatori russi abbiano attribuito ad una «disputa con partner commerciali», la morte di Voronov, secondo molti osservatori le cause e le modalità del decesso resterebbero ancora tutte da chiarire. Circa un mese prima, agli inizi del maggio scorso, ad essere trovato senza vita nei pressi di Sochi era stato invece il corpo del trentasettenne Andrei Krukowski, allora a capo del resort sciistico Krasnaya Polyana: l'imprenditore sarebbe caduto da una scogliera, circostanza che ha indotto media e inquirenti a derubricare la morte a drammatico incidente. E sempre a maggio scorso risale forse il più strano di questa lunga serie di sfortunati eventi, con protagonista il miliardario Alexander Subbotin, ex top manager di Lukoil, la stessa compagnia di Maganov. Secondo l'esito delle indagini, Subbotin sarebbe morto di arresto cardiaco, causato da una pozione offertagli da uno sciamano dal quale si era recato per curare i postumi di una sbronza. Il santone gli avrebbe somministrato un potente veleno di rospo, di fatto avvelenandolo e conducendolo alla morte per infarto.

 

 

La morte di Subbotin era arrivata poco dopo la tragedia familiare di Vladislav Avayev, ex vicepresidente della Gazprombank ed ex funzionario del Cremlino: il 19 aprile, in un lussuoso appartamento di Mosca, accanto al corpo senza vita di Avayev sono stati rinvenuti quello di sua moglie e di sua figlia appena tredicenne, tutti uccisi a colpi di arma da fuoco. La stessa arma che gli investigatori avrebbero ritrovato nella mano del miliardario ormai morto e con la quale, stando alla versione ufficiale, avrebbe sterminato la sua famiglia prima di togliersi la vita. La stessa dinamica che avrebbe dato vita a un altro dramma familiare, quello di Vasily Melnikov, altro miliardario russo ritrovato morto insieme con la moglie e i due figli nella loro casa a Nizhny Novgorod a marzo scorso. Anche in questo caso la pista più accreditata da parte degli inquirenti sarebbe quella dell'omicidio-sucidio: il proprietario della compagnia MedStorm si sarebbe tolto la vita dopo aver sterminato la famiglia. Ma c'è anche una terza, terribilmente simile, storia: il 21 aprile Sergei Protosenya, ex top manager di Novatek, è stato trovato impiccato nel giardino della sua casa di Lloret de Mar accanto ai corpi senza vita della moglie e della figlia. A completare il triste quadro, altri tre suicidi eccellenti avvenuti in meno di un mese: il sessantenne Leonid Shulman, alto dirigente di Gazprom, trovato morto nel bagno della sua villa a Mosca il 29 gennaio; Alexander Tyulyakov, vicedirettore generale del Gazprom Unified Settlement Center, impiccatosi nel suo garage il 25 febbraio; infine, Mikhail Watford, 67 anni, magnate dell'energia, rinvenuto senza vita nella rimessa della sua casa nel Regno Unito il 28 febbraio.

 

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