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Azovstal e soldati, il vero disastro di Zelensky. Domenico Quirico: "Un grave errore degli ucraini"

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Giada Oricchio
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“Azovstal simbolo della propaganda. Un grave errore dell’Ucraina”. Domenico Quirico, storico inviato di guerra, ha analizzato per il quotidiano La Stampa, la resa degli oltre 2.000 soldati di Kiev, tra cui il battaglione Azov, asserragliati nell’acciaieria di Mariupol e innalzati a simbolo della resistenza del popolo ucraino.

“E’ l'ennesima guerra della povera gente, in divisa e non, l'unica guerra vera nel mare delle bugie. Quelli di Azovstal, i vinti di Azovstal, terribile nome di ferro e di sangue. Adesso che è finita senza gloria ma soltanto con immenso, inutile sacrificio mi appare davvero una Giarabub ucraina: migliaia di uomini tagliati fuori dalla battaglia che conta, ma usati come propaganda, gli irriducibili...quelli che non si arrendono... che impediscono ai russi di avanzare” scrive oggi Quirico sottolineando che si è trattato di “propaganda per nascondere errori strategici e sconfitta come quando ci inventammo, in Africa settentrionale, travolti dagli inglesi, la epica resistenza di una remota, inutile oasi libica che il nemico trascurava perché non valeva neppure la fatica di attraversare il deserto”.

A dare l’ordine di arrendersi è stato il presidente ucraino Zelensky: ha atteso che passasse il 9 maggio, giorno della parata della Vittoria, per non dare a Putin la possibilità di sventolare un trionfo, ma ha dovuto cedere perché se quella resistenza si fosse trasformata in martirio, sarebbe stato impossibile tenere aperta la porta di un (futuro) negoziato.

Quirico osserva: “Ora che hanno perso la battaglia e sono lisi dalla fame e dalla fatica, avvolti in uniforme sporche e lacere li guardo: fronti dure, ostinate, sì sono una razza nuova, una razza dura, modellata già da otto anni di guerra. Marciano poi ordinati, in doppia fila verso gli autobus che li porteranno via verso un destino molto incerto”. Il silenzio dell’umiliazione è stato interrotto solo dal comando di “mostrare i tatuaggi alla ricerca di quelli del reggimento fascista”.

Per Domenico Quirico il responsabile di questo sacrificio è uno solo: “Azovstal è stato un grave errore degli ucraini. Aver sacrificato i combattenti più pugnaci in una difesa inutile e senza speranza, invece di farli fuggire quando era possibile. Le sequenze di questi soldati vinti, esaltati per ottanta giorni come impavidi, invincibili eroi pesano molto di più che le immagini delle carcasse dei carri armati o dei mezzi russi distrutti. (…). Un rottame di ferro non dice nulla, un uomo che si arrende è già un simbolo”.

 

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