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La svolta militarista tedesca un messaggio a tutta l'Europa: serve un esercito comune

Andrea Amata
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La Nato rappresenta un'alleanza militare che ha come ragione sociale la protezione dei suoi affiliati con uno statuto che non contempla la vocazione offensiva. Dunque, seppure l'Ucraina vi avesse aderito la Russia non avrebbe dovuto temere ingerenze nella sua sovranità territoriale. Se avversi l'organizzazione difensiva, che ingloba paesi confinanti, significa che gli stessi sono obiettivi di conquista. La difesa non dovrebbe costituire una minaccia per Putin, a meno che non si coltivi la sottomissione, alias occupazione, delle nazioni che si riconoscono nell'egida atlantica. La verità è che il presidente russo pianificava da tempo il rovesciamento del governo filo-occidentale ucraino e per giustificarne l'invasione ha costruito una narrazione mendace, mascherando l'iniziativa unilaterale di ostilità verso Kiev con acrobazie lessicali di surrogazione del significato autentico dei suoi atti di guerra. L'autarca moscovita ha agito con lo scopo maldestro di precostituirsi un alibi, cioè la difesa delle province russofone di Donestk e Lugansk. Tuttavia, il suo pretesto è stato confutato dall'estensione della dinamica belligerante non circoscritta alle sole aree controllate dai secessionisti.

 

 

D'altronde, Putin ha dichiarato apertamente di considerare l'Ucraina una protesi territoriale della Russia, disconoscendo l'eredità storica di una soggettività che ne sancisse la dignità di nazione sovrana. Sono documentate le posizioni di Putin sull'appartenenza dell'Ucraina alla Russia nonostante nel 1991, in seguito all'implosione dell'Unione Sovietica, il 92% della popolazione optò per l'indipendenza attraverso un plebiscito referendario. L'aggressione russa nei confronti di Kiev, per le possibili conseguenze sulla stabilità geopolitica dell'intera Europa, ha determinato la condanna unanime delle forze occidentali, predisponendo severe sanzioni economiche e ricalibrando le priorità da assegnare alle singole agende nazionali. La vulnerabilità e la ricattabilità degli europei per la dipendenza dalle fonti russe ci impone di ripensare la transizione ecologica in un'ottica graduale e depurata dagli ideologismi, che inibiscono l'estrazione delle risorse fossili come il gas, recuperando una strategia di autosufficienza del fabbisogno energetico. L'Europa non può più sottovalutare la minaccia esistenziale alla sua coesistenza pacifica che deriva dall'espansionismo di un despota in possesso, per giunta, di armi nucleari.

 

 

L'invasione russa dell'Ucraina ha mutato gli equilibri, inaugurando una crisi securitaria europea che non si sperimentava dal 1945. Un quadro drammatico che ha spinto la Germania a sancire la rottura con Mosca, congelando il gasdotto Nord Stream 2 e rilanciando gli investimenti nel settore militare. Il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato al Bundestag, il parlamento tedesco, l'incremento (100 miliardi di euro) degli investimenti per la Difesa. Ormai la minaccia russa si è materializzata sull'Europa e non basta esorcizzarla affidandosi alla benevolenza di un sistema liberticida che si nutre di un pericoloso e velleitario nostalgismo imperiale. Il quadro securitario europeo è stato traumatizzato, autorizzando la svolta militarista di Scholz le cui parole sono inequivocabili: «Il mondo come lo conoscevamo non esiste più». All'Europa intera si impone la necessità di riformulare la presenza nello scacchiere internazionale da una posizione di forza militare con un esercito comune, efficiente e dissuasivo affinché siano protetti i valori non negoziabili della libertà e della democrazia.

 

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