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In pasto ai talebani, i giovani afghani abbandonati al tragico destino

Franco Bechis
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La bandiera americana che ha sventolato sull’Occidente e sul mondo è stata ieri con grande crudezza ammainata dal presidente Usa Joe Biden. «Non esportiamo democrazia nel mondo. Non era questo lo scopo della missione in Afghanistan. Era una missione antiterrorismo, e si è conclusa: abbiamo demolito Al Qaeda». Non l’avevamo capito noi, non lo avevano tragicamente compreso nemmeno le migliaia di giovani di Kabul che ieri hanno dato l’assalto all’aeroporto provando disperatamente ad aggrapparsi ai grandi aerei della Us Air Force che stavano decollando per rimpatriare il personale di ambasciate e consolati. La missione antiterrorismo citata da Biden ebbe le sue origini nell’11 settembre 2001, il giorno dell’attentato che sgretolò le Torri gemelle di New York. Gli occhi di tutto il mondo quel giorno furono riempiti d'orrore, e tra le immagini più terribili che non si possono cancellare ci furono quelle degli americani prigionieri del fuoco ai piani alti dei due grattacieli che si lanciarono dalla finestra precipitando per istanti che non finivano mai. Scelsero di schiantarsi al suolo per non essere mangiati dal fuoco. La storia di quella tragedia proseguita per 20 anni si è chiusa ieri con le stesse terribili immagini: quelle di giovani aggrappati disperatamente a portelloni e carrelli degli aerei Usa che marciavano sulla folla e levandosi in volo si scrollavano di dosso come moscerini quei ragazzi che si sono schiantati al suolo. Le stesse immagini dopo venti anni, e in quelle c'è tutta la tragedia di questa disavventura.

L’America ha ammainato la bandiera della sua storia, quella che ne fece il liberatore dell’intera Europa nella seconda guerra mondiale. E i suoi alleati storici semplicemente non sono riusciti nemmeno a balbettare qualcosa su quanto avviene in quel paese lontano. Anche l’Italia è travolta dalla stessa terribile figuraccia. Stiamo abbandonando al loro destino e a morte quasi certa almeno due mila afghani che avevano creduto alle fesserie che continuiamo a pronunciare in libertà e che per tutti questi anni hanno lavorato con noi. Abbiamo portato in Italia qualche manciata di interpreti e qualche medico e funzionario di Kabul e dintorni che hanno lavorato con noi tutti questi anni. Ieri è atterrato a Ciampino un aereo militare che portava qualcuno di loro insieme agli italiani: non c’era manco un membro del governo ad accoglierli. E se penso al can can che ci fu quando fu portata nello stesso aeroporto Silvia Romano, appena liberata e avvolta dal velo dell’Islam a cui si era convertita, al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro degli Esteri Luigi Di Maio (oggi ancora in carica, ma ha preferito restare in spiaggia in Puglia) lì a fare mille salamelecchi, c’è da vergognarsi di essere italiani per le assenze di ieri. Ci fosse stato almeno un ministro o un sottosegretario ad ascoltare quel medico afghano appena atterrato raccontare come i talebani stanno già andando a prendere casa per casa i «collaborazionisti» con l’esercito nemico italiano come con quelli americani, inglesi e ogni altro paese della Nato abbia partecipato alla missione.

Sentito Biden e la sua sciocchezza su una operazione antiterrorismo durata 20 anni (sarebbe il peggiore insuccesso militare della storia), dovremmo sentirci ancora più fessi ad avere raccontato le sciocchezze sulla nostra presenza umanitaria di forza di pace, missionaria dei diritti umani e delle donne che abbiamo sentito ripetere per tutti questi anni. Sciocchi e vigliacchi, perché dopo avere pronunciato all’infinito questi slogan vuoti consegnamo pacifisti, attivisti dei diritti umani, donne emancipate nelle fauci dei talebani e della legge islamica dell'emirato che lì rinasce.
In questi mesi mano mano che avanzavano e ovunque avessero in mano regioni e paesi formalmente soggetti al governo fantoccio nazionale, i talebani si sono comportati come 20 anni e più orsono. Basta leggere i rapporti di Human Rights watch. Entrati a Kandahar il 22 luglio scorso «i talebani hanno giustiziato un popolare comico Nazar Mohammad, noto come Khasha Zwan, che pubblicava canzoni e barzellette su TikTok. Lo hanno rapito nella sua casa nel sud di Kandahar, lo hanno picchiato e poi gli hanno sparato più volte». Sempre a metà luglio «i combattenti talebani hanno arrestato Ahmadullah, un ex ufficiale di polizia, a Spin Boldak. Da allora la sua famiglia non ha più avuto sue notizie. Suo zio ha detto che i talebani avevano inviato lettere in cui dicevano che chiunque avesse lavorato con il governo o con le forze straniere non sarebbe stato danneggiato fintanto che si fosse rivolto alla leadership talebana e ammesso il proprio crimine». Lo hanno giustiziato, come è avvenuto con chiunque altro sia stato individuato come «collaborazionista» con il governo nazionale e le potenze occidentali. In ogni tribunale negli ultimi due mesi i talebani hanno fatto archiviare tutte le denunce di violenza sessuale e abusi presentate da donne, consegnate alle famiglie carnefici perché la risolvessero loro.

Non è che il governo in carica si comportasse tanto meglio appena era lontano dalle forze occidentali. Fuori da Kabul ne ha combinate di tutti i colori. Seminando terrore e morte anche fra i civili, arrestando giornalisti e chiudendo radio, tv e giornali. Fa impressione il rapporto 2020 di Human rights watch, in cui è scritto che «Il governo non è riuscito a perseguire gli alti funzionari responsabili di aggressioni sessuali, torture e uccisioni di civili», che «l’ex governatore e presidente della Federcalcio afgana, Keramuddin Karim, è rimasto in libertà nella provincia del Panjshir, nonostante sia stato incriminato per molteplici accuse di stupro, aggressione sessuale e molestie nei confronti di giocatrici risalenti al 2017» e che «le forze governative afghane sono state responsabili dell'uccisione e del ferimento di civili in attacchi di mortaio e attacchi aerei indiscriminati». No, la democrazia e la modernità non era davvero stata esportata in Afghanistan. Almeno ora sappiamo che a Biden manco interessavano.
 

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