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Riforma del catasto, ormai è deciso: più tasse sulla casa

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Filippo Caleri
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Alla fine resta tutto com'è sulla riforma del catasto. Per un solo voto la proposta emendativa della Lega, che mirava ad evitare che la revisione degli estimi si trasformasse in un aumento delle tasse sulla proprietà, non è passata. Dunque dal 2026 il governo futuro, destra o sinistra che sia, avrà un pulsante in mano da schiacciare per colpire la proprietà immobiliare. Per ora il monitoraggio del patrimonio edilizio partirà senza problemi, le case fantasma saranno censite, e quelle con rendite non collegate ai valori di mercato, rivalutate. Un lavoro che durerà quattro anni. Alla fine sulla base dei nuovi numeri sarà l'esecutivo di quel momento a decidere se applicarli, con il rischio più che concreto chele tasse sulla case aumentino complessivamente.

 

E su questo punto è andato in scena alla Camera uno scontro furioso tra le diverse anime della maggioranza. Dopo vari tentativi diridimensionare la norma, condotti da Lega e Forza Italia, si è andati alla conta. Ma la Commissione ha respinto l'emendamento soppressivo dell'articolo 6 della delega fiscale, sulla revisione del catasto. La votazione si è chiusa sul filo: 23 voti contrari, 22 favorevoli, nessun astenuto. Decisivo per bocciare la modifica il voto di Alessandro Colucci di Noi con l'Italia (presieduta da Maurizio Lupi) che ha votato con il Pd. Una scelta motivata dallo stesso Colucci: «Noi con l'Italia ha valutato nel merito il tema e ha deciso di ritirare la firma del presidente Lupi dall'emendamento soppressivo perché l'aggiornamento catastale, approvato in Consiglio dei Ministri, è un atto necessario e città come Roma e Milano l'hanno già fatto. Restiamo convinti anche della necessità di non alimentare tensioni nel governo in un momento critico come questo, con la guerra alle porte dell'Europa».

 

Una scelta non gradita dal centrodestra. Il leghista Alberto Gusmeroli, vicepresidente della Commissione finanze e responsabile fisco del Carroccio, ha spiegato dopo la bocciatura che «con la riforma del catasto a valore di mercato, ci saranno più tasse per tutti gli italiani e sulle compravendite anche delle prime case. Non solo: anche Isee più alto e quindi tante famiglie non più esenti o che pagheranno di più servizi come asilo nido, mensa, scuolabus e assistenza domiciliare. La Lega ha provato in tutti i modi di stralciare la norma, ma Pd, LeU, 5S, Ive Azione non hanno irresponsabilmente voluto sentire ragioni. Ora abbiano anche il coraggio di spiegarlo agli italiani». Insomma accuse e caos. Anche se Lupi ha risposto per le rime: «Quel che risulta incomprensibile è il voto di Forza Italia e Lega su un testo approvato in Cdm». La Lega prima ha avvertito che d'ora in avanti sul fronte fisco terrà le mani libere.

Ma poi ha rassicurato: «Avremmo preferito evitare una polemica dispendiosa sul tema del catasto, ma a prescindere dal voto di oggi la Lega garantisce e rinnova il suo pieno appoggio al governo. Nessuna rottura, meno che mai sulla delega fiscale» ha precisato Federico Freni, sottosegretario leghista al Mef. Detto questo, «nessun passo indietro, non vorrei si confondesse la doverosa responsabilità di governo con un'abiura ai propri valori e alle proprie idee» ha aggiunto. Matteo Salvini, «esterrefatto» ha parlato con il premier Mario Draghi chiedendogli un incontro dopo la «inspiegabile insistenza sulla revisione del catasto». Forza Italia ha fatto sapere che Silvio Berlusconi aveva sentito nel pomeriggio il presidente del Consiglio: nel colloquio il leader azzurro e il premier avrebbero convenuto sulla «necessità di arrivare a una soluzione rispondente alle esigenze di tutte le forze a sostegno dell'esecutivo».

 

Ma non c'è stato nulla da fare. Il governo ha tenuto il punto. Così anche il Cavaliere: è una questione «non aggirabile, è una nostra battaglia identitaria», sono state le sue parole. Anche il ministro azzurro, Renato Brunetta, ha tenuto a esprimere il suo distinguo: «Incomprensibile il voto odierno di Forza Italia in commissione Finanze alla Camera. A ottobre la linea condivisa all'interno del partito era chiara e ha portato all'approvazione del provvedimento da parte dei ministri azzurri. Confermo la linea: la casa non si tocca, né ora né mai».

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