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La svolta anti evasione

Da sinistra il premier Silvio Berlusconi ed il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Ma davvero il governo Berlusconi-Tremonti rischia di passare alla storia come quello che ha recuperato più soldi dall'evasione fiscale? Come l'esecutivo che, tra Agenzia delle Entrate, Equitalia, Inps, stretta su società di comodo, redditometri vari e caccia ai quattrini in Svizzera o Lussemburgo, ha messo in campo il maggiore e più vario numero di strumenti contro questa malattia nazionale? E come inserire il fatidico numeretto a copertura di una manovra da spedire a Bruxelles e Francoforte, dove si accettano cifre certe e non promesse? Vediamo. Si parte dall'andamento del recupero di evasione negli ultimi anni, fino a metà 2011. Nel 2010 il risultato complessivo tra Agenzia delle Entrate, Inps ed Equitalia è stato di 25,4 miliardi. Erano stati 16,4 nel 2009 e 11,9 nel 2008. Il trend di crescita da un anno all'altro è quindi del 37,8 per cento nel 2009, del 54,8 nel 2010. Il boom dello scorso anno si deve, spiegano all'Agenzia delle Entrate, soprattutto ai nuovi divieti per le compensazioni tra debiti fiscali e crediti, molti dei quali fittizi. La sola Agenzia delle Entrate nel 2010 ha portato a casa 10,4 miliardi attraverso i controlli sui contribuenti, formali e non (cioè andando anche a scovare chi è totalmente in nero), ed altri 6,6 miliardi con crediti d'imposta non più riconosciuti. Il contrasto all'evasione pura e semplice ha registrato quindi un aumento del 15 per cento. L'Inps ha recuperato l'anno scorso 6,4 miliardi di contributi (più 12 per cento) ed Equitalia 1,9 miliardi di sanzioni non pagate soprattutto agli enti locali (più 19 per cento). Il nocciolo duro sono dunque i 10,4 miliardi ottenuti dall'Agenzia delle Entrate nel corpo a corpo con i contribuenti che pagano meno del dovuto o non pagano nulla. Luigi Magistro, direttore generale per l'accertamento, afferma che l'obiettivo per quest'anno è di superare gli 11 miliardi: circa un miliardo in più rispetto al 2010. Il suo capo Attilio Befera, numero uno dell'Agenzia, un manager formatosi con Vincenzo Visco ed oggi assai stimato da Giulio Tremonti (stima ricambiata) ha dichiarato ieri in Parlamento che ci si può arrivare anche senza il carcere previsto negli emendamenti della manovra. Il buco che si è aperto dopo il summit di Arcore ed il ritiro delle norme sul riscatto di laurea e servizio militare è di circa 5 miliardi nel triennio. Dovuti alla cancellazione del maxicontributo di solidarietà (che tuttavia resta per gli stipendi pubblici e le cosiddette pensioni d'oro); 1,5 erano i miliardi che dovevano entrare dalle norme sulle pensioni; mentre agli enti locali era stata promesso il dimezzamento della stretta per un importo di 3 miliardi: uno per le Regioni a statuto speciale, 0,8 per quelle a statuto ordinario, 0,85 per i sindaci, 0,35 per i presidenti di provincia. Ma lo sconto si è ridotto ad 1,8 miliardi: e qui entra in gioco la prima parte dell'utilizzo della lotta all'evasione secondo le regole di Bruxelles. Il governo ha dunque già "cifrato" i tagli agli enti locali per 1,2 miliardi in più; somma che sarà compito di regioni e comuni di recuperare trattenendo quote di quanto ottenuto sul territorio da Agenzia delle Entrate, Inps e Equitalia. Nel 2010 l'Agenzia delle Entrate ha recuperato le cifre maggiori in Lombardia (2,7 miliardi) e nel Lazio (1,57). A seguire, Piemonte, Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Campania per importi tra i 630 ed i 750 milioni. Quanto ai contributi la classifica non cambia per Lombardia (1,05 miliardi) e Lazio (887 milioni), mentre al terzo posto vola la Campania con 561 milioni. Stessa musica per le riscossioni di Equitalia: prima Lombardia, secondo Lazio, terza Campania. È sulla base di queste percentuali che gli enti locali dovrebbero dividersi la torta dell'evasione. E le altre misure? All'appello mancherebbero circa quattro miliardi. Anche togliendo dal capitolo evasione ciò che il governo si impegna a lasciare a Regioni e Comuni (impegno preso con loro, non con Bruxelles), il trend di aumento del recupero di tasse e contributi appare sufficiente a cifrare almeno un miliardo aggiuntivo. Per aumentare e rendere più credibile questa posta dovrebbe arrivare un pacchetto di misure che comprende in primo luogo una stretta sulle società di comodo. Vale a dire la non deducibilità dei beni di una srl o simile se essi sono utilizzati dai proprietari della società stessa. È una pratica diffusissima che va dagli yacht agli appartamenti auto-affittati come studi professionali. Il resto dovrebbe venire dalle manette se l'evasione supera i tre milioni di euro, dalla sospensione delle licenze per i negozi che non emettono gli scontrini, dalla pubblicazione online dei redditi, dall'indicazione in denuncia dei redditi del numero di conto corrente, ma soprattutto dall'entrata in vigore del redditometro rafforzato. Che cioè mette a confronto i patrimoni riconducibili a una persona, e le spese effettuate, con i redditi dichiarati. Resta la possibilità di seguire Germania e Gran Bretagna, che hanno stretto un accordo sui capitali emigrati in Svizzera. Per la verità né David Cameron né l'inflessibile Angela Merkel hanno riportato a casa sterline o euro, e tantomeno identificato gli evasori: hanno firmato due patti bilaterali in base ai quali la Confederazione si impegna a versare a Londra e Berlino una percentuale sui redditi dei conti cifrati, che restano tali. Londra conta di ottenere 5 miliardi di sterline. È a tutti gli effetti un condono, destinato ad alleggerire il debito pubblico. Tremonti, che ha già scelto la via dello scudo, è perplesso e ha messo l'ipotesi tra parentesi. In ogni caso sembrano davvero lontani i tempi in cui, a fine anni Novanta, il Cavaliere dall'opposizione attaccava l'oppressione della Finanza davanti a una platea di imprenditori finto-imbarazzati. O quando, ad un convegno confindustriale di Parma, dichiarava «le tasse sono giuste se colpiscono al 33 per cento, se vanno oltre il 50 allora è morale evaderle». Ora Berlusconi salta in groppa alla lotta all'evasione. E la Lega, dopo avere organizzato le marce anti-Equitalia, oggi propone una sua patrimoniale. Come diceva alle ballerine l'impresario Tino Scotti: «Bambole, non c'è una lira».

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