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di Mario Bernardi Guardi Jean Raspail ha una bella faccia scolpita con l'accetta e cotta dal sole, che fa pensare a quella di un Philippe Leroy, ancora più maschio, però, e più beffardo.

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Figuriamoci!,ha detto a Patrice De Méritens, andato ad intervistarlo nel febbraio del 2011 per "Le Figaro": "non si viaggia in tutto il mondo come ho fatto io e non si scrivono una buona dozzina di libri sulle più svariate popolazioni, portandoci addosso il marchio del pregiudizio razziale. Sarebbe una cosa idiota". Già. Perché Jean Raspail, 86 anni, ci tiene a ricordare che ha incominciato la sua carriera come esploratore. E di quelli tosti, visto che ha viaggiato in canoa da Québec a New Orleans e in automobile dalla Terra del Fuoco all'Alaska. E che ha guidato una spedizione francese alla scoperta delle terre degli Incas. Dunque, ha descritto quello che ha visto di persona. Ha documentato obbiettivamente, dati alla mano. Ma di questo non lo accusa nessuno. Tanto di cappello, anzi, al "testimone". E allo scrittore di rango che nel 1981 è stato insignito del prestigioso Grand Prix du Roman de l'Académie Française per il suo "Moi, Antoine De Tounes, roi de Patagonie". Quello che non va giù agli sbandieratori del "politicamente corretto" è il profeta, il visionario, l'autore di un libro tradotto in decine di lingue e che ha venduto un milione di copie, lo scrittore "di culto" di quel Front National che alle elezioni presidenziali francesi ha raccolto il 17% dei consensi e che minaccia di crescere alle prossime legislative. Come è noto il "libro maledetto" è intitolato "Le Camp des Saints" ed è stato pubblicato dall'editore Laffont nel 1973. La versione italiana, a cura di Fabrizio Sandrelli, è uscita quattordici anni fa con il sigillo di una piccola casa editrice anticonformista, "Il Cavallo alato" ( "Il Campo dei Santi", pp.345, e Ma cosa c'è che disturba tanto in questo romanzo? Guardiamo. Raspail ricorda di averlo cominciato a scrivere nel 1971. Si trovava sulla Costa Azzurra, a Boulouris, ospite della villa di un amico. Erano i giorni in cui i mass-media si occupavano della guerra indo-pakistana, dei massacri in Bangladesh, dei milioni di rifugiati in India. Ebbene, Raspail, come ha ricordato in più occasioni, volgendo gli occhi verso il mare, lasciò correre la fantasia. Gli si formarono nella mente le immagini di turbe di "boat-people", di centinaia di migliaia di paria tanto affamati quanto determinati, che dal cuore dell'India muovono all'assalto dell'Occidente. Senza che questo si riveli capace di contrastare l'invasione e il Nuovo Ordine. Ne vien fuori uno scenario allucinato, alla Orwell. E se lo scrittore inglese, scrivendo nel 1948, invertì le ultime due cifre per dar vita all'"utopia negativa" di "1984', anche Raspail fa la sua proiezione nel futuro. Più vicino agli anni in cui vive, però, perché la storia è ambientata nel 1997. Questa, in breve, la trama. A Calcutta, una folla di miserabili, guidata da un personaggio tanto carismatico quando sordido, detto il "coprofago", si impadronisce di una flotta fatiscente. Mèta, l'Europa tutta, dopo un primo sbarco sulle coste meridionali della Francia. E il Vecchio Continente che fa? Non sa cosa decidere, appare perplesso, titubante, remissivo, minato da oscuri complessi di colpa e da una sorta di odio verso le proprie tradizioni civilizzatrici. E poi l'opinione pubblica è disorientata dalla martellante propaganda che celebra la società multirazziale, buona, bella, auspicabile o, comunque, inevitabile. Un'opera di condizionamento, che fa pensare a quella svolta dal Grande Fratello e che vede impegnati, nel nome dell'umanità e del progresso, non solo politici e intellettuali di sinistra ma anche tanti uomini di Chiesa. Insomma, una corsa verso l'autodistruzione. E poco possono fare i gruppi dei "resistenti": la marcia trionfale del Nuovo Ordine Mondiale non può essere contrastata. Altro che spengleriano "tramonto dell'Occidente"! Per il "destino" dell'uomo bianco si annuncia una notte nera nera e senza fine. Ora, che un libro del genere sia duro e scomodo, catastrofista e apocalittico, è fuor di dubbio. Eppure Raspail non si sente per nulla un razzista. Non vorrebbe, però, che l'Occidente andasse a farsi benedire (o maledire), schiacciato da una pressione migratoria in base alla quale, per Francia e dintorni, si prevede, intorno al 2045, un 50% di abitanti inferiori ai 55 anni di origine extraeuropea. Raspail, abbiamo detto, va per i novanta e non si fa illusioni: al "mondo nuovo" sarà difficile che possa dare un'occhiata. Intanto si tiene ben strette le sue idee: non rinuncio nemmeno ad uno iota, ha detto a "Le Figaro". E se in base alla legge Gayssot del 1990 scattasse una denuncia per dichiarazioni razziste, xenofobe o antisemite? Niente paura: in questo caso Raspail tirerebbe fuori le lettere di estimatori come Ronald Reagan, François Mitterand, Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy. E darebbe filo da torcere a chi vuol torcergli il collo.

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