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Quando il bello trionfa persino sulla tavola imbandita

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Eccola vera protagonista dell'ultimo film di Giovanni Albanese, «Senza arte né parte». E l'arte contemporanea? Appare soprattutto come un business, un investimento, un luna park per ricchi annoiati, una corsa alle mode e alle griffe. In una gara forsennata che sembra non risentire ai livelli più alti neppure delle crisi economiche, si cerca il record di aggiudicazione e il possesso dello status symbol. Chissà se ne avremo un'ennesima riprova nella quarta edizione della fiera «Roma - The Road to Contemporary Art» che si inaugurerà ad inviti domani pomeriggio per aprirsi al pubblico pagante da venerdì a domenica negli oltre 8000 metri quadrati del Macro di Testaccio dove esporranno 76 gallerie. Sicuramente sarà apprezzatissima, a proposito di novità, la proposta gastronomica di Settembrini con tre diverse serate culinarie all'insegna di tre grandi metropoli: Los Angeles, Parigi e naturalmente Roma. E poi non mancheranno performance, convegni, eventi e perfino un karaoke di pittura. Insomma, ci sarà da divertirsi con tanto intrattenimento. Proprio come nel film di Albanese alto e basso si incontrano, si mescolano e promettono di farci passare un po' di tempo in modo piacevole. Anche Via Margutta, da sabato, sarà vivacizzata dalla creatività contemporanea con la manifestazione «La Via dell'Arte» che porterà nei negozi antiquari, nelle gioiellerie e nelle poche botteghe artigiane rimaste, opere di artisti che hanno dato lustro a Roma a partire dal secondo dopoguerra: da de Chirico a Burri, da Turcato a De Dominicis. Fino ad arrivare ad oggi, con Ontani, Ceccobelli, Chia, Dessì. A questo punto sorge spontanea una domanda: è giusto proporre l'arte contemporanea come una forma qualsiasi di intrattenimento? Sembrano passati millenni da quando Kandinsky diceva che «l'arte deve parlare all'uomo del sovrumano». Parole come spiritualità, rivelazione, interiorità, sembrano non avere spazio nel sistema d'affari e di divertimento che circonda l'arte contemporanea anche se non sono pochi gli artisti che ancora credono in quei valori. Per rendersene conto basta vedere la grande mostra di Mimmo Paladino presentata a Milano in Palazzo Reale con il coup de theatre della «Montagna di sale» nella Piazza Reale e gli Angeli di Omar Galliani nel Museo Diocesano di Padova.

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