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La tragedia tibetana ha oscurato sui media un'altra notizia ...

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E i parlamentari riformisti? Sì, ci sono, ma sono stati ridotti poco più di una pattuglia (40, su 290). Ed è già un miracolo vista la radicale scrematura attuata dai Guardiani della rivoluzione sui candidati non graditi al vertice del regime: sono stati esclusi quattro ex ministri, una cinquantina di ex esponenti dei governi riformisti e persino il nipote di Khomeini, Ali Eshraghi. I candidati "non graditi" erano presenti solo in 70 distretti su 300. In queste condizioni quindi ogni speranza di rinnovamento è andata delusa. La vera opposizione si è espressa nella bassissima percentuale di votanti, che non corrisponde a quella ufficiale (60%). Secondo fonti della resistenza iraniana, infatti, la presenza alle urne si è ulteriormente abbassata rispetto alle precedenti elezioni: il 26%! Si sono poi registrati un'infinità di brogli e di rigidi controlli politici dei pasdaran, dei mullah e dei funzionari del regime islamico sull'elettorato. Anche queste elezioni hanno confermato che il regime non garantisce il libero esercizio del diritto di voto. È stato denunciato ad esempio che almeno 3000 pullman di elettori si sono spostati da un seggio all'altro e, nonostante pressioni e minacce, mai tanta gente è andata in campagna e in montagna per non andare a votare. Fonti della resistenza affermano che l'assenteismo è stato molto vicino al 90%. Il nuovo parlamento dominato dai tradizionalisti appare diviso tra i fedelissimi di Amadinejad (la grande maggioranza) e i seguaci di Ali Lariani, ex negoziatore con la troika europea sulla questione nucleare. Non c'è comunque da farsi illusioni tutti i gruppi politici e religiosi rappresentati in parlamento (riformisti compresi) sono concordi nel sostenere il programma nucleare e la politica internazionale del presidente, anche perché lo scontro è rinviato alle elezioni presidenziali del prossimo anno. E sarà sempre Khamenei a decidere se continuare a puntare sullo stesso cavallo o cambiarlo per salvare il regime. Nel frattempo il malcontento, soprattutto fra i ceti meno abbienti e i giovani, cresce sempre di più. Gli studenti continuano a promuovere manifestazioni nelle università e nelle città la lotta contro la burocrazia e i despoti del regime si è intensificata. Disoccupazione, incremento del costo della vita, carenza di servizi e infrastrutture, esplosione dei prezzi degli affitti e delle casa. Questi sembrano le preoccupazioni maggiori della popolazione, più della "sfida" con gli Usa e la forsennata (e costosissima) corsa al nucleare. Anche perché l'Iran, quarto produttore al mondo di petrolio, ha beneficiato dell'impennata del prezzo del greggio sui mercati internazionali, ma le nuove risorse finanziarie sono state destinate dal regime al finanziamento del terrorismo internazionale (Iraq, in primo luogo), alla costruzione di centrali nucleari, missili e altri armamenti. È rimasto ben poco per l'attivazione delle politiche per l'occupazione e lo sviluppo economico, in un paese in cui oltre la metà della popolazione ha meno di 30 anni. Forse la vera svolta verrà dai cittadini, stanchi di un regime oppressivo, che nega le libertà fondamentali e non è in grado -soprattutto dopo le nuove sanzioni dell'Onu- di superare la gravissima crisi economica.

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