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Film con il lifting, la moda diventa inflazione

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Prima erano una curiosità, ora sono un sistema per aggirare la carenza di fantasia e storie originali

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I remake cominciano ad essere come certe vecchie dive che, con vistosi lifting, si illudono di volare verso la gioventù, ma precipitano solo verso il ridicolo. Fino a poco tempo fa si poteva parlare di fascino del remake, che diventava curiosità, virtuosismo, un modo per esibire nuove, strabilianti tecnologie. Ma se quella dei remake più che moda diventa inflazione viene il sospetto che questo sia solo il modo per «tappare» una voragine di fantasia. Il Natale imminente propone ben due «lifting»: uno al celeberrimo mostro-scimmione «King Kong» che il 16 dicembre scende in campo nella versione del premiatissimo regista del «Signore degli Anelli», Peter Jackson e l'altro alla coppia «Mr. And Mrs. Smith», nelle sale italiane da ieri. Il cinema è sempre stato pieno di scimmioni capaci solo di grugnire e di King Kong esistono svariate versioni. Le più famose: quella storica in bianco e nero del '33 e quella del '76, amorevolmente prodotta da Dino De Laurentiis. Il precedente «Mr. And Mrs. Smith» è invece datato 1941 ed è una delle pellicole meno famose di Alfred Hitchcock. Eppure il passato avrebbe dovuto rendere cauti registi e produttori: la valanga di film con il «lifting», nei quali si sfoggiano cameo degli attori «originali», non sono garanzia di successo. Certo non lo sono stato per «L'altra sporca ultima meta», di qualche mese fa, nel quale appariva, un po' legnoso, Burt Reynolds, protagonista dell'originale «Quella sporca ultima meta» del '74. E altrettanto è accaduto per «Il volo della Fenice», «L'alba dei morti viventi», dello scorso anno (remake di «Zombi» del '78), e poi per «Il pianeta delle scimmie», «Rollerball» e tanti altri. Un discreto successo l'ha ottenuto la passata estate «La guerra dei mondi», ma questo non impedisce di domandarsi perché si debba tornare a girare un film già fatto. Una domanda che spesso non trova risposta se non in una cronica carenza di novità a fronte di un sempre più largo consumo di film che, oltre che al cinema, ora viaggiano nell'affollato mercato dell'home video e della televisione in chiaro, ma soprattutto nei tantissimi canali satellitari. Ovviamente i remake non mancheranno nel futuro: tra tanti spicca «Superman returns», attualmente in lavorazione, che uscirà negli Usa a luglio. A parte la simmetria con «Batman returns» del '92 è lecito domandarsi cosa offrirà la nuova versione. La parte del compianto Christopher Reeve è stata affidata al giovane e sconosciuto Brandon Routh. L'acerrimo nemico di Superman, Lex Luthor, era Gene Hackman e sarà l'altrettanto bravo Kevin Spacey. Ironia della sorte i due quasi si assomigliano. Ma a nessuno viene in mente qualcosa di nuovo? In realtà una «novità» c'è: si pensa a un remake di «Barbarella», del '67, con Drew Barrymore al posto della Fonda. Per la sempre gagliarda Jane nel film è pronto un bel... cameo. In realtà l'idea gira da molto, ma, evidentemente, è così originale che ancora nessuno ha trovato il coraggio di realizzarla.

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