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"Vorrei che lo Stato avesse pagato anche per salvare mio fratello"

IRAQ: QUATTROCCHI; PROCURA AUTORIZZA PARZIALE DIFFUSIONE VIDEO.  NEI GIORNI SCORSI MOSTRATO A FAMILIARI

Parla la sorella di Quattrocchi giustiziato nel 2004

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«Non è facile per me intervenire su un tema così delicato come quello dei rapimenti da parte dei terroristi di cui si è purtroppo recentemente parlato su testate giornalistiche e telegiornali». A parlare è Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio, il contractor rapito in Iraq il 13 aprile 2004 insieme a Maurizio Agliana, Salvatore Stefio e Umberto Cupertino. Mentre i suoi compagni di prigionia furono liberati a giugno dello stesso anno, Quattrocchi invece fu ucciso dai suoi carcerieri che ripresero anche la scena della sua esecuzione. I soldi per liberare Fabrizio non sono mai arrivati ai terroristi, che lo hanno ucciso prima del blitz concordato con gli Stati Uniti che sarebbero dovuti intervenire, grazie alla complicità dei guardiani, in un momento in cui i capi del gruppo qaedista erano impegnati altrove. Quattrocchi, però, era già stato ucciso giorni prima forse perché l'Italia ha rifiutato di trattare con i rapitori.     È lecito pagare o meno un riscatto da parte di uno Stato che viene ricattato tramite il rapimento di un suo cittadino? «Come familiare di una vittima e come cittadina italiana avrei voluto che il mio Stato pagasse per riportare a casa sano e salvo mio fratello Fabrizio. Per Fabrizio non è stato pagato nessun riscatto, forse ci si è trovati impreparati, forse non c'è stato il tempo, era il primo caso di rapimenti italiani da parte di terroristi, o forse è stata sottovaluta l'importanza della minaccia? Non so rispondervi su questo. Sono felice però, pur nel dolore di non aver più rivisto il mio amato fratello, che invece per gli altri tre ragazzi, Agliana, Cupertino, Stefio, rapiti insieme a Fabrizio, lo Stato si sia mosso nella direzione giusta, come uno Stato dovrebbe fare nei confronti dei suoi cittadini».     Sulla questione del pagamento dei riscatti, però, l'opinione pubblica si è divisa. In particolare con la vicenda che ha riguardato le due cooperanti sequestrate in Siria. Che ne pensa? «Anche se per molti è visto come un segno di debolezza che uno Stato paghi, per me è un segnale molto forte di civiltà che lo Stato dà verso i suoi cittadini. Questa mia posizione può creare delle critiche ma vorrei chiedere a una madre, a un fratello o un figlio, al di là di ogni credo religioso, politico o quant'altro: lasceresti morire un tuo caro e non pagare nessun riscatto? Siamo tutti figli di qualcuno e abbiamo il dovere morale di salvare la vita dei nostri cari a qualsiasi prezzo. Ogni volta che ho notizia di un rapimento ne sono turbata e ritorno indietro nel tempo, e sono consapevole della sofferenza dei familiari dei rapiti, prego per loro affinché ritornino a casa».     Uno Stato democratico come potrebbe difendere i suoi cittadini nel modo migliore? «Certamente non sono io a doverlo dire, ma le persone che ci rappresentano. A titolo personale mi piacerebbe vedere un intervento forte e coordinato che riuscisse ad arginare questa espansione barbara, come vada realizzata, diplomaticamente o militarmente io non posso saperlo. Sicuramente sarebbe una grande occasione per la comunità internazionale per riunirsi e cercare un'unità di intesa: è un dovere verso tutti i cittadini del mondo e anche nei confronti della memoria di mio fratello».     In questo momento la minaccia maggiore arriva dal terrorismo di matrice islamica, lo stesso che ha ucciso suo fratello. Sembra non essere cambiato nulla? «Evidentemente in questi undici anni non ci sono stati abbastanza interventi e collaborazioni con gli altri Paesi per debellare il terrorismo a livello internazionale. La responsabilità è di tutti noi ovviamente. È cambiato poco e i rapimenti sono continuati. Vorrei anche che il mio governo e tutti i ministri che ci rappresentano spiegassero ai cittadini, alle persone comuni come me con parole chiare e semplici, quello che si sta facendo contro il terrorismo a tutela della nostra sicurezza e soprattutto per il futuro dei nostri figli».

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