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Napolitano, il voto, Renzi e Grillo: vero o falso?

Carlantonio Solimene
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L'intemerata di Giorgio Napolitano sulla necessità di arrivare a fine legislatura prima di tornare alle urne ha scatenato un finimondo, non solo tra gli esponenti politici ma anche tra lettori e comuni cittadini. Scorrendo i commenti ai vari articoli sul tema, ho notato come il 90% delle persone abbia attaccato l'ex capo dello Stato perché "dopo quattro presidenti del Consiglio non eletti dagli italiani, è giusto restituire la voce al popolo". Premesso che nulla vieta di criticare l'ex presidente della Repubblica, forse qualche chiarimento sugli slogan ripetuti in queste settimane dai partiti potrebbe essere utile. 1) "In Italia abbiamo avuto quattro presidenti del Consiglio consecutivi non eletti dai cittadini". FALSO. In Italia i capi del governo non eletti dai cittadini sono stati 28. Ovvero tutti coloro che si sono alternati a Palazzo Chigi dal 1946 a oggi, da De Gasperi e Gentiloni. Perché la Costituzione italiana attribuisce al popolo solo il potere di eleggere il Parlamento. Che a sua volta accorda o meno la fiducia al presidente del Consiglio incaricato dal presidente della Repubblica. Certo, nella Seconda Repubblica il bipolarismo ha permesso di votare con la (quasi) certezza che a guidare il governo sarebbe stato il capo della coalizione vincente. Ma già nel 2013 questo non è successo. E anche prima, da Dini ad Amato, da D'Alema a Monti, sono in tanti i presidenti del Consiglio frutto di accordi politici e non di plebisciti elettorali. 2) "Torniamo subito alle urne così gli italiani potranno finalmente scegliersi il presidente del Consiglio". FALSO. Con la situazione politica attuale (tre grandi blocchi che si stagliano tutti intorno al 30% dei consensi) e una legge elettorale proporzionale, al 99,9% anche il prossimo presidente del Consiglio sarà figlio di accordi di Palazzo (o larghe intese, se si preferisce) e sarà, quindi "calato dall'alto". Come gli ultimi quattro (o tutti e 28, come abbiamo visto). Questo, ovviamente, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore (ma non così improbabile), neanche le larghe intese consentiranno ai partiti di arrivare alla maggioranza dei seggi in entrambe le Camere. Quindi caos e magari ripetizione del voto come accaduto in Spagna pochi mesi fa. 3) "I parlamentari di prima nomina vogliono arrivare al 15 settembre per avere il vitalizio". PIù FALSO CHE VERO. Tra i circa 600 parlamentari di prima nomina ce n'è certamente più di qualcuno che, temendo la mancata rielezione, preferirebbe mettere al sicuro i circa 900 euro di pensione contributiva (questa la dicitura più corretta). La maggior parte di loro, però, o è sicura di essere rieletta (i renziani del Pd, i fedelissimi di Grillo e Casaleggio) oppure ritiene che, obbedendo alle volontà dei leader dei partiti, si garantirà di nuovo il posto in lista e magari altri cinque anni di stipendio da parlamentare. Insomma, in parte il problema c'è, ma è di dimensioni assai più ridotte di quanto lo si voglia far apparire e legarvi il destino della legislatura appare vagamente demagogico. 4) "Per il Paese è meglio votare subito"; "Per il Paese è meglio votare nel 2018". FALSE entrambe le affermazioni. Per gli italiani, banalmente, non cambia assolutamente nulla tra il votare a giugno o dopo 8/9 mesi, a scadenza naturale della legislatura. Non cambia nulla perché è vero che la legislatura è virtualmente finita il 4 dicembre scorso con la vittoria del no al referendum costituzionale, ma chiunque siederà al governo tra qualche mese dovrà realizzare una legge di Stabilità da 30 miliardi e oltre per evitare le clausole capestro della Ue, ivi compreso l'aumento dell'Iva sui beni di consumo. Insomma, 8 o 9 mesi tra un'ipotesi e l'altra non cambieranno granché, tranne che per i leader dei partiti. A Renzi conviene votare subito per non dover affrontare il congresso Pd col rischio di perdere il potere di comporre le liste e per non dover far intestare al Pd la suddetta e impopolare manovra economica; a Grillo conviene votare prima di un'eventuale condanna di Virginia Raggi con conseguente contraccolpo sui sondaggi; a Salvini conviene votare prima che Berlusconi recuperi eventualmente l'agibilità politica e possa pretendere di guidare di nuovo la coalizione; per il motivo esattamente opposto a Forza Italia conviene aspettare almeno l'autunno per le urne. 5) "Bisogna realizzare una legge elettorale che garantisca governabilità e rappresentanza". IMPOSSIBILE. In questo momento, con tre blocchi ognuno intorno al 30%, o si garantisce la perfetta rappresentanza o la governabilità. L'unica strada per arrivare alla governabilità sarebbe passata per una legge elettorale basata sul doppio turno, come avviene in Francia e in Italia nelle elezioni per i sindaci. La coesistenza di due Camere con uguali poteri e diverso corpo elettorale, però, ha reso impraticabile questa ipotesi, bocciata anche dalla Consulta. Pure il Mattarellum - presunta panacea di tutti i mali - potrebbe determinare in Parlamento una situazione "tripartitica", col M5S più forte nei collegi del Sud, il Pd più forte in quelli del Centro e il centrodestra trainato dalla Lega più forte al Nord. Al momento, insomma, le uniche certezze sono l'immobilismo prima delle urne e il caos dopo. Buona fortuna Italia.

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