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Migranti, ecco il piano anti-barconi: accordi con Tunisia, Libia e Turchia

Benedetto Antonelli
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Accordi con Paesi di partenza e di transito per frenare all'origine, e non alla fine, i viaggi dei migranti. Il governo conferma la strategia sulla gestione dei flussi migratori e lo fa al termine di un vertice che si è tenuto nel pomeriggio di ieri a Palazzo Chigi tra il premier Giorgia Meloni, i vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e la direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, Elisabetta Belloni. Un incontro di approfondimento e analisi del fenomeno per fare il punto della situazione e iniziare a muovere le pedine in maniera coordinata da parte di tutti i soggetti coinvolti.

 

A muoversi saranno subito i ministri Piantedosi e Tajani. Il primo sarà lunedì in Turchia dove incontrerà il suo omologo Suleyman Soylu: al centro dell'incontro ci saranno i temi della sicurezza legati al tema migranti, per ribadire la centralità del Mediterraneo. Domani, invece, sarà la volta del ministro degli Esteri Tajani, atteso in Turchia e successivamente in Tunisia e Libia. Il nuovo dl Sicurezza invece non andrà oggi in Consiglio dei ministri come era stato previsto inizialmente. La riunione del governo è confermata - si terrà nel pomeriggio - ma all'ordine del giorno non figureranno la stretta sulle baby gang, le norme sui taser e le nuove misure per contrastare la violenza sulle donne a cui lavora il responsabile del Viminale. Intanto, tornando all'emergenza immigrazione, sul fronte arrivi è ancora attesa al porto di Ancona la nave Geo Barents della ong Medici Senza Frontiere con a bordo 73 persone salvate nel Mediterraneo.

Il capoluogo marchigiano si è fatto trovare pronto alla prova della prima accoglienza fin da martedì con l'arrivo della Ocean Viking, attraccata in serata e ripartita ieri mattina. «Stiamo andando a 2,5 nodi, invece di 10. Ci sono onde alte fino a 4 metri. I 73 sopravvissuti sono sul ponte più alto della Geo Barents, quello più basso è allagato. Qui il mal di mare si sente di più. Stiamo distribuendo a tutti bustine per vomitare», ha scritto la ong Geo Barents, che da giorni sta navigando verso il porto marchigiano alle prese con il maltempo. A lamentarsi del mare mosso e del brutto tempo era stata anche la Ocean Viking, costretta - ha sottolineato - a far sbarcare i 37 profughi che si trovavano a bordo a 1.575 km di distanza dall'area dei soccorsi. «Dopo aver affrontato una tempesta violentissima, siamo sollevati che siano salvi - le parole di Sos Méditerranée - Questa situazione il legale poteva essere evitata con la designazione di un porto più vicino».

 

Le Ong, infatti, non accettano il nuovo codice di condotta varato dal governo per cui devono subito portare i migranti salvati nel porto che di volta in volta viene indicato loro dalle autorità preposte, approdo che al contrario del passato può trovarsi anche in regioni del centro -nord. Il ministro Piantedosi ha già avuto modo di spiegare che la nuova normativa non costringe le navi delle Ong a restare in mare per un periodo eccessivo. Anzi, adesso questo lasso di tempo si riduce, perché nei mesi e negli anni passati i capitani di queste imbarcazioni attendevano anche due o tre settimane prima di richiedere di poter attraccare in porto. Il motivo? Perché compivano salvataggi multipli che si protraevano per più giorni. Cosa che adesso non è più permessa. 

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