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Migranti, quando si bloccano le navi calano anche i morti in mare: i dati che premiano Salvini

Pietro De Leo
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Il senso del dramma è nella storia più tragica degli ultimi giorni, un bambino di neanche un mese morto, per ipotermia, durante la traversata del Mediterraneo. Era in un barchino con 37 persone che la Guardia Costiera ha soccorso a largo di Lampedusa. La mamma del piccolo, originaria della Costa d'Avorio ha detto che soffriva di problemi respiratori e la navigazione in condizioni precarie gli è stata fatale. Un paio di giorni addietro, una donna muore poco dopo essere arrivata sull'isola, anche in questo caso di ipotermia. Inizio novembre. Un peschereccio salva una donna, anche lei ivoriana, che si è buttata in mare dopo che l'imbarcazione su cui stava tentando di attraversare il Mediterraneo ha preso fuoco, provocando la morte di due bimbi di 10 mesi e 2 anni. Dietro la cronaca si nasconde l'essenza di un traffico di esseri umani che ghermisce vite, e sparge disagio e disperazione anche nei luoghi d'approdo. Basta leggere le dichiarazioni del sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, rilasciate all'Adnkronos: «Ogni ora del giorno e della notte ricevo chiamate delle forze dell'ordine che mi comunicano l'arrivo di cadaveri. Sono numeri da bollettino di guerra». In questo primo tratto di cammino dell'esecutivo, dove una gestione comunitaria del dossier è stata posta sul tavolo con forza, di fronte al livello del dolore, una fotografia utile è quella scattata dai numeri, e rivela che i morti nel Mediterraneo calano in presenza di circostanze, politiche oppure oggettive, che ostacolano le partenze.

 

 

Basta prendere in esame le cifre dell'Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni. Prendendo soltanto la rotta centrale (quella che coinvolge principalmente l'Italia), nel 2015 (governo Renzi), si ebbero 3.149 tra morti e dispersi. Cifra che lievita a 4.574 nel 2016. Al termine di quell'anno, però, cambia esecutivo, con Paolo Gentiloni che subentra a Palazzo Chigi. Al Viminale arriva Marco Minniti, che allaccia un memorandum di cooperazione con la Libia. A quel punto, la cifra cala in maniera significativa: 2.853 vite perdute nel 2017. Nel 2018, a giugno, altro cambio di governo, entra in carica il Conte 1 (Lega-Movimento 5 Stelle) con il relativo avvicendamento nel ruolo di ministero dell'Interno: arriva Matteo Salvini e imposta la linea dei «porti chiusi» che scatenò l'ostilità della sinistra, sia politica che culturale. A fine anno, però, il numero di morti e dispersi si attestò sui 1.314, dunque un segno meno.

 

 

E calarono a 1.262 nel 2019, anno in cui Salvini rimase al Viminale fino a settembre, mese nel quale il Conte 1 lasciò il campo al Conte 2, sostenuto da una maggioranza autenticamente di sinistra. Da lì, cominciò lo smontaggio dei decreti sicurezza, voluti dal leader della Lega al governo (con l'appoggio del M5S e dello stesso Conte). Nel 2020, il Covid scoraggiò le partenze, pur tuttavia i morti e i dispersi si attestarono a 1.000. L'andamento, purtroppo, è cresciuto nell'anno successivo, 1.567 in tutto il 2021. E nel 2022, finora, il tragico numero è 1.337. Dunque è incoraggiando la cooperazione con i Paesi di partenza e contrastando i «pull factors», anche ideologici, che si possono salvare vite umane.

 

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