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Energia, l'Ue sbatte sul muro di Berlino. La Germania blocca il piano Gentiloni-Breton

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Il futuro dell'Europa si infrange contro il muro di Berlino. Prima l'opposizione ad introdurre un tetto al prezzo del gas. Ora il rifiuto di emettere debito comune per affrontare il caro bollette. In questo modo la Germania continua a respingere le soluzioni che la maggior parte degli Stati europei, Italia in testa, propongono per risolvere l'emergenza energetica.

 

Il governo guidato da Olaf Scholz boccia senza appello il piano avanzato dai commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton. I responsabili europei per gli Affari economici e per il Mercato interno propongono il cosiddetto «modello Sure», ovvero l'emissione di prestiti garantiti dalla Ue a sostegno di famiglie e imprese. Fanno appello allo spirito di «solidarietà» che dovrebbe animare tutti i 27 Stati membri. «Siamo usciti dall'esperienza ancora dolorosa della pandemia grazie all'imponente piano di ripresa NextGenerationEU, al fondo europeo di sostegno all'occupazione Sure e al successo della gestione comune deivaccini- scrivono Gentiloni e Breton in una lettera inviata ai principali quotidiani del continente - Ma l'attuale crisi energetica e il disagio sociale in un contesto di inflazione record e di prezzi astronomici dell'energia ci rimettono di fronte a un bivio. Il massiccio pacchetto di aiuti da 200 miliardi di euro deciso dalla Germania (pari al 5% del Pil) risponde alla necessità di sostenere l'economia, ma solleva anche degli interrogativi. Come possono gli Stati membri che non hanno gli stessi margini di bilancio sostenere le imprese e le famiglie?».

 

Ecco la soluzione: «Come durante la crisi di Covid, spetta a noi stabilire meccanismi di sostegno equi che mantengano l'integrità del mercato interno. Ispirarsi al meccanismo Sure per aiutare gli europei e gli ecosistemi industriali potrebbe essere una delle soluzioni a breve termine che apre la strada a un primo passo verso la fornitura di beni pubblici europei nei settori dell'energia e della sicurezza, l'unico modo per dare una risposta sistemica alla crisi».

La lettera di Gentiloni e Breton, condivisa dalla Francia, è un attacco diretto alla Germania. A Bruxelles non è piaciuta la fuga in avanti di Berlino con il piano da 200 miliardi.

Per il ministro delle Finanze tedesco, Christian Linder, «c'è stato un malinteso sul fatto che il nostro "scudo protettivo" fosse mirato. Il piano è pensato per gli anni dal 2023 al 2024. Il nostro pacchetto non è sproporzionato». Anche il cancelliere Scholz, che ieri ha incontrato il primo ministro olandese Mark Rutte, definisce l'intervento «ampiamente giustificato», sulla stessa scia di «misure che vengono prese anche altrove e giustamente». C'è solo una differenza: gli altri Paesi Ue, a partire dall'Italia, non possono fare altrettanto senza compromettere i conti pubblici. Il caso non si chiude di certo qui.
La Lega ha presentato un'interrogazione alla Commissione, a firma dell'eurodeputato Antonio Maria Rinaldi, per chiedere se sia configurabile la violazione della normativa europea che disciplina gli aiuti di Stato.

 

Intanto, la Germania tira dritto. La bocciatura del piano Gentiloni/Breton è netta. Per Lindner, «proposte che siano basate sul programma Sure non sono giustificate in questo momento». «La Germania - aggiunge - è pronta a discutere di altri strumenti, ma questa crisi è diversa dalle precedenti, perché abbiamo a che fare con uno choc sul lato dell'offerta, a cui si reagisce espandendo l'offerta e agendo insieme». La posizione tedesca è condivisa apertamente da Austria e Olanda.

Come sul tetto al prezzo del gas, Berlino, Vienna e Amsterdam si muovono a braccetto. I tre Paesi sanno di poter sfruttare le divergenze in seno alla Commissione Ue. Il ministro austriaco per le Finanze, Magnus Brenner, avverte: «Le opinioni di Gentiloni e Breton sono individuali». E ha ragione. A stretto giro, infatti, arriva la precisazione della presidente Ursula von der Leyen. Il suo portavoce fa sapere che «la proposta di varare uno strumento europeo contro la crisi energetica, come il fondo Sure durante la pandemia, è un'iniziativa personale dei commissari competenti e non impegnano la Commissione». Insomma, è tutti contro tutti. L'Europa non è mai stata tanto disunita. Lo scontro proseguirà al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo in programma domani a Praga. Uno degli ultimi appuntamenti del premier uscente Mario Draghi.

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