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Scuola infuriata con il "super prof". Sindacati sul piede di guerra: paghe misere per tutti gli altri

Valentina Conti
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Sbuca dal cilindro la figura del «docente esperto» a scuola. Guadagnerà 5.650 euro in più all'anno rispetto ai suoi colleghi (che si traducono in circa 400 euro mensili lordi addizionali in busta paga) sotto forma di «assegno annuale ad personam». Della novità, che dà seguito a quanto previsto dalla legge 76/22 sulla formazione dei docenti, contenuta nel Dl Aiuti bis (che per la scuola prevede una revisione delle norme sulla formazione continua degli insegnanti appena introdotte con la riforma legata al Pnrr), varato ieri dall'esecutivo, ne beneficeranno 8mila insegnanti - uno per istituto - selezionati tra i docenti di ruolo «che abbiano conseguito una valutazione positiva nel superamento di tre percorsi formativi consecutivi e non sovrapponibili». Sulle mansioni non cambierà nulla. Perché il «docente esperto» dovrà mantenere solo lo stesso istituto per almeno tre anni, ma non avrà incarichi aggiuntivi. Gli insegnanti già in cattedra che sceglieranno il percorso triennale di aggiornamento, inoltre, avranno il 10-20% in più di aumento sullo stipendio. La figura professionale approderà nelle scuole a distanza di tempo, secondo le prime indiscrezioni, dall'anno scolastico 2023-24.

 

 

La protesta, però, sull'iniziativa, che scaturisce dalla richiesta della Commissione Europea di trovare una soluzione più completa al nodo degli insegnanti in Italia, è già realtà. I sindacati sono sul piede di guerra. «Il governo trova nuove risorse per finanziare la figura del "docente esperto", un meccanismo selettivo dei prof che riguarderà solo 8mila lavoratori all'anno e che la categoria ha già bocciato con lo sciopero generale del 30 maggio scorso. Si trovano i soldi per tutto tranne che per il rinnovo del contratto nazionale» tuonano all'unisono i segretari generali di Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Gilda Unams e Snals Confsal. «È un fatto acclarato - affermano Francesco Sinopoli, Ivana Barbacci, Giuseppe D'Aprile, Rino Di Meglio ed Elvira Serafini - che le retribuzioni medie dei docenti italiani siano troppo basse, sia rispetto a quelle dei colleghi europei sia rispetto a quelli degli altri lavoratori del pubblico impiego, a parità di titolo di studio. È, dunque, intollerabile che su questo tema la politica continui a far finta di niente». L'Anief, per bocca del suo presidente Marcello Pacifico, non ha esitato a definire la notizia «un colpo di mano del governo Draghi, che in questa fase dovrebbe occuparsi solamente degli affari correnti».

 

 

Critica sul piano generale anche l'Associazione Nazionale Presidi, secondo la quale «le riforme dovrebbero essere strutturali». «Gli ambiti su cui si dovrebbe, di fatto, intervenire sulla scuola - ha chiosato il presidente Antonello Giannelli sono la dispersione scolastica, gli esiti delle prove Invalsi, la mancata acquisizione di competenze di base in larghe fasce di allievi, gli adeguati stanziamenti per la formazione dei docenti, specialmente le risorse destinate al sistema scolastico che diminuiscono nell'indifferenza di tutti».

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