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Vaiolo delle scimmie, l'infettivologo Di Perri: non è il nuovo Covid. Nessun morto fuori dall'Africa

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L'Organizzazione mondiale della sanità, non senza polemiche, ha decretato che l'epidemia di vaiolo delle scimmie è un'emergenza globale. In Italia finora sono stati registrati 407 casi con "tendenza alla stabilizzazione", ha spiegato il direttore generale della prevenzione del Ministero della Salute, Gianni Rezza. Ma dobbiamo preoccuparci? Giovanni Di Perri, responsabile del dipartimento Malattie infettive dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino, ammette che "i numeri sono in crescita" e "devono essere vigilati ma la distribuzione dei casi appare confortante". Non siamo davanti al "nuovo Covid", sintetizza l'infettivologo. 

 

I casi di monkeypox visti finora mostrano una "malattia scarsamente trasmissibile per un organismo che sia diverso da quelli che vivono nelle aree rurali africane dove si è sviluppata", dice Di Perri alla Stampa. "I casi di vaiolo delle scimmie con decessi esportati al di fuori di Africa sono nulli. La mortalità indicata dall'1 al 6% riguarda le persone delle aree rurali africane", afferma il professore che spiega come la malattia si trasmetta con contatti personali stretti. 

 

La malattia "esportata" in Europa ha sintomi "poco tipici rispetto a quelli che riscontriamo nei soggetti africani. Possono apparire vescicole cutanee abbastanza simili a quelle del vaiolo anche se di dimensioni diverse", spiega l'infettivologo, in ogni casa si tratta di sintomi lievi. Per l'esperto la maggiore differenza con il Covid è che è più difficile contagiarsi, visto che serve contatto cutaneo.

 

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