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Chi conosce i russi (come i finlandesi) sa perfettamente da che parte stare

Riccardo Mazzoni
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Quando la storia irrompe nelle nostre vite mettendoci di fronte alla sua cruda realtà, c'è sempre un moto di sorpresa nelle opinioni pubbliche occidentali cresciute nel trinomio pace-democrazia-libertà.

La guerra in Ucraina, la più terribilmente vicina, ha riaperto tutte le faglie ideologiche che avevano caratterizzato la seconda metà del Novecento, facendo riemergere la schiuma politica dei nostalgici del comunismo che come parassiti hanno vissuto al riparo dell'Occidente per picconarlo. L'Italia in particolare è stata succube per decenni - e in parte purtroppo lo resta dell'egemonia culturale comunista che, alimentata dalle sapienti casematte della disinformazione, ha permeato anche molti libri di storia (basti pensare alla lunga cancellazione delle foibe dalla memoria collettiva), per cui non è sorprendente che oggi la quasi totalità degli italiani non disponga degli strumenti per comprendere appieno cosa stia davvero accadendo nell'Est d'Europa, al di là della dicotomia aggressore-aggredito. La decisione della Finlandia di chiedere l'adesione alla Nato dopo un'epoca interminabile di neutralismo, ad esempio, sta suscitando uno stupore del tutto ingiustificato per chi ha solo una minima nozione dei suoi tormentati rapporti con la Russia.

La guerra d'Inverno del '39-'40, scatenata da Stalin per acquisire alcuni territori considerati strategici dal punto di vista militare in funzione antitedesca, fu un tentativo espansionistico che ha molte similitudini con l'invasione dell'Ucraina. Anche allora, infatti, era stato siglato un patto di non aggressione sovietico-finlandese molto simile al Memorandum di Budapest del '94 con cui la Russia si impegnava a rispettare l'integrità territoriale dell'Ucraina, ed entrambi i trattati sono stati poi totalmente disattesi da Mosca. E lo Stalin che disse: «Noi non possiamo cambiare la geografia, né lo potete voi. Siccome Leningrado non può essere trasportata via, la frontiera deve essere spostata più lontano», ricorda la sprezzante postura di Putin nel voler ridisegnare i confini d'Europa. Ma anche l'andamento delle due guerre ricalca lo stesso scenario. Kruscev scrisse nelle sue memorie: «Tutto ciò che avevamo da fare era alzare appena un po' la nostra voce e i finlandesi avrebbero obbedito... Nessuno di noi pensava che ci sarebbe stata la guerra... Di certo non avevamo alcun diritto legale... ma il nostro desiderio di proteggere noi stessi era una sufficiente giustificazione ai nostri occhi».

I finlandesi dimostrarono uno spirito patriottico che inflisse a Stalin perite dolorose costringendolo a siglare dopo pochi mesi un accordo di pace che ridimensionò di molto le aspirazioni territoriali della Russia, e lo stupore rivelato da Kruscev per quella inattesa debacle non è forse lo stesso che aleggia ora nelle stanze del Cremlino di fronte all'eroica resistenza del popolo ucraino? Un popolo che non può dimenticare le atroci sofferenze subite sotto il dominio sovietico e culminate nell'Holomodor, l'atroce carestia imposta da Stalin nel '32 che sterminò milioni di persone. È sempre la storia con le sue memorie, le sue tragedie e le sue macerie che indirizza il sentimento profondo delle nazioni, e non ci deve dunque stupire che oggi siano proprio i popoli più vicini all'Orso russo, e che ne hanno sperimentato il tallone spietato, a volersi mettere al riparo, e a difendere i valori occidentali molto più di noi, della nostra incauta atarassia e della nostra ignoranza della storia. 

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