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Davide Tabarelli: ”Senza il gas dalla Russia scatta il razionamento". E l'accordo con l'Algeria è insufficiente

Pietro De Leo
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L'urgenza di trovare soluzioni in tempi brevi e la difficoltà di farlo. In questo mondo che si va ridisegnando con il detonatore della guerra in Ucraina il dossier energetico è la chiave dei futuri assetti. Che passa per il nodo dei nodi: guadagnare l'indipendenza dalle forniture russe. L'Italia acquista da Mosca 29 miliardi l'anno, su 70 totali di fabbisogno. Un Paese in cui il ricorso a fonti di approvvigionamento interno è passato in circa vent' anni da una copertura da 20 miliardi a poco più di tre, il Paese del no a tutto, dalle trivelle ad altre fonti di energia, come il nucleare, oggi, in un momento di grande rincaro dei prezzi, si trova a dover rincorrere altri accordi di fornitura. L'ultimo è quello stretto con l'Algeria, dove negli scorsi giorni si è recato personalmente il Presidente del Consiglio Mario Draghi. Il Tempo ha analizzato la situazione con Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia.

Tabarelli, partiamo dall'accordo con l'Algeria. 3 Miliardi di metri cubi subito, per arrivare a 9 nel 2023. Aggiuntivi rispetto a quelli che già importiamo (21 miliardi nel 2021). È una buona intesa?
«Più di questo non si poteva sperare. Secondo me se quest'anno se arriviamo a 2 è già tanto. Va considerato che l'Algeria, negli ultimi decenni, di fatto, non ha realizzato investimenti in esplorazione e per portare in produzione i suoi giacimenti. Per questo le tempistiche sono ancora più importanti».

 



Finora il governo gira il mondo alla ricerca di nuovi accordi di fornitura. Alla base di quanto realizzato il primo mese, che prospettiva possiamo trarre?
«Le missioni del nostro presidente del Consiglio e del nostro ministro degli Esteri sono sicuramente prova di grande volontà. Grandi risultati, però, nell'immediato non ce ne sono. Se noi dovessimo troncare le importazioni di gas dalla Russia rischieremmo di andare incontro ad un razionamento duro e questo è il vero problema».

Intanto, però, ci stiamo dotando di due rigassificatori galleggianti. Questo quanto incide nel nostro scenario energetico?
«Siamo in fase di negoziazione. Sono cose da pagare, da far arrivare nel nostro Paese. Ho letto già che il Sindaco di Piombino si è scatenato dicendosi contrario, ed è prevedibile possa avvenire lo stesso anche altrove. Insomma, non è una cosa facile. Poi bisogna trovare il gas naturale liquefatto e anche in quel caso non è una passeggiata. Non ce n'è tantissimo, in giro per il mondo».

Negli altri Paesi ci si orienta sul nucleare. Il Giappone, per esempio, a quanto annunciato dal ministro dell'Economia, ne farà punto importante della sua diversificazione. Da noi parlare di nucleare è impossibile?
«Il Giappone ha, appunto, fatto degli annunci. Sono in difficoltà anche loro, per quanto negli anni hanno fatto molto più di noi. Hanno molta più capacità di rigassificazione, sono molto più diversificati di noi. Le centrali nucleari, oltre Fukushima, non hanno mai smesso di funzionare. In ogni caso, loro possono fare degli annunci. Noi nemmeno quello. Però va detto che abbiamo sempre fatto ricerca. Abbiamo l'Enea. L'Eni ha finanziato un progetto di fusione con il Mit di Boston».

 



L'Europa ha chiesto all'Opec di aumentare la produzione di petrolio in prospettiva di uno stop di importazioni dalla Russia. Ottenendo un diniego. Come si legge questa mossa?
«Dal 2019 c'è stato un avvicinamento tra Russia e Opec. E nel 2020 un accordo tra Opec e una decina di Paesi, tra cui la Russia. Dunque questa vicinanza impedisce di fare manovre di aumento a favore dell'Europa che sta facendo la guerra contro la Russia. Stante questo accordo, sarebbe una cosa assurda».

In un'intervista al Sole 24 Ore, Il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha chiesto una riforma organica degli oneri generali di sistema. Lei che ne pensa?
«Già sono stati tolti dalle bollette, sono già sulla fiscalità generale. È una misura temporanea, vediamo se diventerà strutturale».

 

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