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Crisi gas, Mario Draghi prepara l'austerity: in cdm nuovi aiuti ma sono briciole contro il caro energia

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Ugo Pepe
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La potenza di fuoco, 5 miliardi già incastonati nell'ultimo Documento di economia e finanza, ci sarebbe anche. Resta da capire l'effettiva portata delle misure, sul tavolo del Consiglio dei ministri convocato per quest' oggi, salvo clamorosi dietrofront. Una cosa è certa, per il governo di Mario Draghi si tratta della terza spallata all'inflazione e al rincaro dell'energia, figlia della sciagurata guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. In principio fu il decreto Bollette, gittata di circa 5,5 miliardi, con i quali azzerare gli oneri di sistema che pesano da decenni come macigni sulle tasche degli italiani.

Poi è stato il turno dei carburanti, altri 4,4 miliardi raschiati anche grazie alla tassa del 10% sugli extraprofitti delle aziende energetiche maturati nel 2021 e per mezzo dei quali sono state neutralizzate parte delle accise su benzina e gasolio. Infine, ed ecco il tris, un altro provvedimento da 5 miliardi con cui rendere strutturali il grosso delle misure fin qui messe in campo. Sì, perché per i carburanti il prezzo calmierato scomparirà come neve al sole già a partire dal prossimo 2 maggio, dopo la proroga in extremis (il termine iniziale era il 30 aprile) di pochi giorni fa. Poi, sarà tutto come prima, verde a due euro, gasolio idem e tanti saluti ai 25 centesimi al litro in meno alla pompa. A meno che Palazzo Chigi non intervenga, ancora una volta. L'humus del nuovo provvedimento sembra essere la continuità dei tagli fin qui operati.

A sentire il sottosegretario al Mef, Federico Freni, il governo sta preparando un blitz per prorogare lo stop alle accise, la riduzione dell'Iva sul gas, l'azzeramento degli oneri di sistema per le categorie più deboli, e prevedere forme di supporto alle imprese più energivore. Tutto già visto, o quasi. Perché sulle rinnovabili è atteso uno sprint.

D'altronde, mentre il premier se ne va in Africa, (Algeria prima tappa, poi toccherà ad Angola e Congo) a cercare gas e assicurarsi forniture grazie alle quali staccare il prima possibile il tubo dalla Russia, in casa c'è da spingere sull'energia verde, l'altra via maestra verso l'emancipazione da Mosca. E allora ecco che con ogni probabilità l'esecutivo metterà nuovo olio negli ingranaggi della transizione, snellendo ulteriormente le procedure per installare, con qualunque modalità, impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici. Tutto molto bello, peccato che i primi a non essere contenti siano proprio gli imprenditori italiani, ai quali il Def fresco di approvazione non è piaciuto nemmeno un po'. Bastava ascoltare il presidente degli industriali, Carlo Bonomi, in audizione alla Camera.

«La Germania sta stanziando 100 miliardi di euro per sostenere le imprese attraverso linee di credito emergenziali, interventi sull'equity e sovvenzioni per compensare gli aumenti dei costi. Noi con il Def stanziamo 5 miliardi. Un'eventuale soluzione ravvicinata del conflitto avrebbe l'effetto di attenuare gli impatti ma non di azzerarli. Ed è per questo che continuiamo a ritenere insufficiente l'approccio di brevissimo periodo sinora seguito dal governo. Serve una risposta più robusta, di sistema e soprattutto duratura». In poche parole, servono più soldi.

Il che vuol dire, nuovi scostamenti di bilancio. Cosa che almeno per il momento non è nella testa di Draghi e forse nemmeno del ministro dell'Economia, Daniele Franco, visto che lo stesso Documento di economia e finanza ha confermato il deficit 2022 al 5,6% del Pil. Per il momento questo passa al convento. L'altro fronte è quello di come prepararsi alla potenziale improvvisa interruzione di gas russo.

Lo scenario peggiore immaginato nel Def, insomma. Se ne è discusso nella riunione a Palazzo Chigi dello scorso lunedì, presenti il ministro Franco, i sottosegretari Garofoli e Gabrielli, gli ad di Snam e Terna. Il punto è che, non potendo rinunciare da subito al gas russo, sarà necessario ottimizzare i consumi. Come? Cominciando dal risparmiare sull'illuminazione pubblica notturna (via, ad esempio, quella di alcuni monumenti), poi tagliando il riscaldamento e la ventilazione degli uffici. Infine - è la novità - organizzando l'attività delle filiere considerate necessarie per il Paese su fasce temporali apposite. Concentrare, cioè, la produzione in determinati periodi dell'anno per consumare meno. Scelte per ora non necessarie. Ma che potrebbero diventarlo da un momento all'altro.

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