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Otto e mezzo, scontro brutale sulla censura di Putin. Il duello tra Massimo Giannini e il giornalista russo Fedorov

Federica Pascale
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"Novaya Gazeta dava informazioni sbagliate. Non è stata chiusa, ha deciso il direttore di chiudere temporaneamente perché c'è una legge che non permette di dare notizie sbagliate.” Così il giornalista russo Petr Fedorov, capo del dipartimento rapporti internazionali della tv russa RTR, ospite di Lilli Gruber durante la puntata di venerdì 1 aprile di Otto e Mezzo, il talk show politico in onda su La7. Risponde da studio il direttore de La Stampa Massimo Giannini, in difesa del giornale russo costretto alla chiusura: “Chi decide quando una notizia è sbagliata? Il Cremlino?” domanda a Fedorov.

 

“La differenza tra il nostro sistema e il vostro sistema, come ha ricordato Mario Draghi nella conferenza stampa della scorsa settimana, è che nelle liberal democrazie non è il governo che decide quali sono le notizie giuste e quali quelle sbagliate, come invece lei sta dicendo” puntualizza Giannini, che spiega le dinamiche che hanno portato all’interruzione della stampa del giornale russo, che si autodefinisce indipendente ed è certamente lontano dalle posizioni di  Vladimir Putin: “È vero che la Novaya Gazeta ha sospeso le pubblicazioni autonomamente, ma le ha sospese perché aveva preso la seconda censura e se avesse preso anche la terza, e l'avrebbe presa sicuramente, avrebbe chiuso per sempre. Ha capito perché ha sospeso le pubblicazioni? Per preservare il marchio.”

 

Fedorov non arretra di un centimetro e nega ogni cosa, chiarendo ciò che durante questa guerra è stato spesso dimenticato, e cioè che anche l’Ucraina non spicca tra le liberal democrazie: “Non è così, pubblicava informazioni che non corrispondevano a verità. Lei deve sapere che in Ucraina, che voi pensate essere un Paese democratico, sono vietati tutti i canali televisivi e tutti i partiti d’opposizione. Ma per voi è normale, è una cosa democratica! Utilizzate un doppio standard!”.

 

A sostegno della sua tesi, Giannini - querelato qualche giorno fa dall’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov, insieme all’inviato Domenico Quirico per un articolo ritenuto diffamatorio - tira fuori la questione Navalny e chiede al giornalista russo quali sono, secondo lui, i motivi alla base della condanna dell’attivista russo di origine ucraine, tra i più critici del presidente russo. Fedorov spiega in soldoni ciò che è successo e accusa i media occidentali di voler trovare a tutti i costi un martire: “Dire che Navalny non ha colpe vuol dire che voi non conoscete la sua storia. Non sapete chi è Navalny, che ha cominciato come ultranazionalista russo. Avete bisogno di lui come icona che va contro Putin! Non sarebbe la prima volta” conclude Fedorov.

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