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Impennata dei prezzi, problemi con la carne e rivoluzione alimentare: la guerra blocca il grano

Giada Oricchio
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Pane, pasta, mais: a che punto siamo? Ci sarà difficoltà di approvvigionamento di beni alimentari? Milena Gabanelli, nella rubrica Dataroom per il Corriere della Sera ha analizzato i numeri per stabilire lo stato di salute degli scaffali italiani. La giornalista parte da un dato: il 27 febbraio scorso, nel porto d’Azov, è rimasta bloccata una nave con 30 mila quintali di grano tenero acquistati dal pastificio Divella. Altre 15, sempre destinate al Bel Paese, sono ferme nello stretto di Kerch, che ora separa la Russia dall’Ucraina. In totale i cargo fermi sono poco più di 90. Nello studio di Gabanelli si legge che l’Ucraina è il granaio d’Europa e la Russia lo è del mondo. Da questi due Paesi, l’Italia importa principalmente grano tenero, mais, semi oleosi e fertilizzanti: “Partiamo dal grano tenero (serve per il pane e la pasticceria): da gennaio 2021 fino al 23 febbraio 2022, l’Italia ne ha importato 142 mila tonnellate dall’Ucraina e 116 mila dalla Russia. Le quantità che mancano fanno salire i prezzi”.

 

 

E infatti alla Borsa Merci di Bologna, sede delle contrattazioni, lo scorso 18 marzo le quotazioni del grano tenero hanno segnato un +33% in un mese sfondando per la prima volta in Italia i 40 euro a quintale. Passiamo al mais. Innanzitutto, a causa dell’invasione, è difficile che venga seminato ad aprile in Ucraina, pertanto potrebbe scarseggiare fino alla primavera 2023. “Nell’ultimo anno l’Italia ha importato 1,1 milioni di tonnellate dall’Ucraina (105 mila dalla Russia). Il rialzo dei prezzi è già stato del 41% in un mese. Il mais è fondamentale per la produzione di mangimi animali” scrive Gabanelli. La conseguenza? La carne sarà un lusso. Secondo la Cia-Agricoltori Italiani, 1 kg di manzo al banco è salito da 12 a quasi 15 euro, la lombata va verso i 25 euro e una bistecca a breve segnerà un +20%. Poi ci sono i fertilizzanti. Sempre da Dataroom: “La Russia — stando ai dati di Confagricoltura — produce il 15% dell’intera produzione mondiale di fertilizzanti. E le vendite all’estero di nitrato di ammonio sono state bloccate fino ad aprile. Sempre nell’ultimo anno l’Italia ne ha importato dall’Ucraina per 47 milioni di euro con un aumento del 600% rispetto al 2020, e dalla Russia per 61 milioni di euro con una diminuzione dell’11%”. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha dichiarato che l’Italia si rivolgerà ad altri “granai” come USA e Canada.

 

 

Ma ci sono tre ostacoli: i costi di logistica sono alti e i tempi di trasporto lunghi; in America del Nord il grano viene trattato con glifosato, potenzialmente cancerogeno e messo all’indice in UE e Italia (dove è usato solo in fase di presemina) e gran parte della produzione di mais Usa è Ogm, vietato dunque per formaggi e carni Dop. Nessun allarme, invece, sulla pasta che si fa con il grano duro prodotto per oltre il 60% in Italia: “Costerà un po’ di più per i rincari dell’energia elettrica e del gas. Secondo Divella è atteso entro marzo un aumento di 12 centesimi al kg. Considerando che il consumo attuale di pasta pro capite in Italia è di circa 2 kg al mese, per una famiglia di 4 persone fanno poco più di 1 euro al mese”. Le alternative alla pasta? Il riso Arborio: qui siamo totalmente autosufficienti. Non spostatevi su uova, pollame perché l’aumento di energia e carburanti si sta facendo sentire sulla catena produttiva. Stessa sorte per il mercato ittico: i pescherecci sono rimasti in porto a causa del prezzo del gas facendo impennare il prezzo del pesce del 30% all’ingrosso e del 50% al dettaglio.

 

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