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Ci hanno dato una finta libertà. Gli obblighi restano comunque. Gianluigi Paragone sbotta: la farsa di Mario Draghi

Gianluigi Paragone
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Onestamente mi sfugge il concetto di libertà che hanno a Palazzo Chigi. Oppure ce l'ho fin troppo chiaro, il che rafforza l'idea che nutro nei loro confronti. L'osanna di dichiarazioni sul ritorno alla normalità puzza di propaganda, un ritorno alle logiche di Rocco Casalino per cui non c'era altro verbo al di fuori di quello contiano. A leggere il vademecum del processo a tappe la prima cosa che balza all'occhio è la solita complessa burocratizzazione della libertà, scandita da eccezioni e concessioni rilasciate dal Palazzo. In secondo luogo, non vi è alcuna cancellazione del Green Pass almeno fino a maggio (dopo quel mese sarà solo disattivato pronto a rientrare in funzione per altri scopi). Se è vero che il 31 marzo finisce lo stato di emergenza, è altrettanto vero che il primo aprile scatta il pesce di Palazzo Chigi perché si entra appunto nel grande gioco della finta libertà. Cominciamo dal lavoro, che è il diritto maggiormente toccato dalle regole (discriminatorie) del governo.

 

 

Dal primo aprile, cioé dal primo giorno fuori dall'emergenza sanitaria, si può tornare al lavoro ma se sei non vaccinato devi fare il tampone a tue spese (visto che non sei un profugo); se in più sei over 50 non vaccinato oltre al tampone ti becchi pure la multa di 100 euro. «Ma non sarai sospeso dal lavoro», precisano da Chigi, come se stessero annunciando chissà quale concessione: se non c'è più emergenza perché dovrei essere penalizzato in qualche modo? Il tema qui è questo: fuori dall'emergenza vive l'arbitrio dello Stato a controllarti ogni 48 ore se sei sano o ammalato. Se questa è normalità o libertà allora stiamo freschi. Ovviamente per il personale sanitario l'obbligo di vaccinazione rimane fino al 31 dicembre altrimenti scatta la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, e anche qui non si capisce per quale motivo visto che il vaccino non immunizza dal contagio e dalla malattia (che tu la prenda in forma leggera, come dicono, non giustifica il mantenimento dell'obbligo perché il contagio ci sarebbe comunque). Andiamo avanti con la loro stramba idea di ritorno alla normalità e quindi di libertà. Passiamo al trasporto pubblico.

 

 

Per tutto il mese di aprile e quindi già fuori dall'emergenza, se prendi aerei, treni e navi il SuperGreenPass non servirà più ma devi comunque mostrare il qr-code del green pass base; anche qui oltre al biglietto c'è l'extra del tampone e della mascherina ffp2 (obbligatoria senza green pass su metro, tram, bus e trasporto locale). Per essere liberi bisognerà attendere il primo maggio. Ristoranti, locali e alberghi. Qui il capolavoro è massimo. Il virus ha il passaporto: se infatti sei straniero basta il green pass base, una scelta che discrimina gli italiani e non attira turisti visto che all'estero non chiede più nulla (chiamali fessi). E non è finita perché l'idea che hanno Draghi e Speranza (nel cui ministero verrà accorpato il Cts senza che si chiami Cts...) è quella di fare impazzire le persone dividendo la normalità tra la prima quindicina e la seconda quindicina di aprile. Roba che i ristoratori non solo dovranno star dietro alle scadenze delle banche, delle bollette e di quant'altro, ma devono pure profilare i clienti a seconda del calendario, del green pass base o rafforzato, se dentro o fuori dal locale e se sono italiani o stranieri. Bene ha fatto il presidente dell'associazione di categoria Mio, Paolo Bianchini, a mandarli a quel Paese invitando alla disobbedienza. Ciò che sorprende, dunque, è la leggerezza con cui si vuole far passare per libertà il complesso di regole e regolette partorite da governanti che in questi due anni hanno bruciato pezzi di Costituzione e dello Stato di diritto. In nome dell'emergenza. Finita la quale nulla torna come prima.

 

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