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Un altro vaccino "virtuale" a peso d'oro. Il contratto di Figliuolo con Valneva da 16 milioni, ma manca l'ok dell'Ema

Dario Martini e Carlantonio Solimene
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Non c’è solo Sanofi/Gsk nel «paniere» dei vaccini anti-Covid acquistati dal governo italiano in assenza dell’ok dell’Ema. Nel resoconto dei contratti siglati dalla struttura commissariale guidata dal Francesco Paolo Figliuolo compare infatti anche l’accordo per l’acquisizione di un milione di dosi di VLA2001, prodotto dalla francese Valneva negli stabilimenti di Vienna, sempre nell’ambito delle intese sottoscritte dalla Ue in accordo con gli Stati membri.

 

Il siero in questione è «l’unico vaccino Covid-19 "inattivato" in fase di sviluppo clinico in Europa e questo ci avvicina al nostro obiettivo di offrire un’opzione differenziata alla popolazione e ai medici», fa sapere il Ceo di Valneva, Thomas Lingelbach. Che, nei giorni scorsi, ha comunicato una serie di scambi con l’Agenzia europea del farmaco dicendosi fiducioso di ricevere «alla fine del primo trimestre 2022» una raccomandazione positiva del Comitato per i medicinali a uso umano all’approvazione condizionata di VLA2001 per l’immunizzazione primaria negli adulti tra 18 e 55 anni.

 

Il prezzo che l’Italia salderà per il milione di dosi prenotate è di sedici milioni di euro. Una cifra elevata - 16 euro a dose - più vicina al costo dei vaccini a mRna rispetto a quello dei sieri «tradizionali». Anche se, a differenza di quanto accaduto con Sanofi/Gsk, non risultano ancora somme già liquidate dal governo italiano. E, considerata la massima segretezza che vige intorno ai contratti con le case farmaceutiche, è impossibile conoscere l’esistenza di eventuali clausole che condizionino il pagamento all’effettivo via libera alla somministrazione da parte dell’Ema.

Resta, come per Sanofi, il dubbio sull’effettiva utilità dell’ennesimo vaccino acquistato in un momento in cui la campagna di immunizzazione ha decisamente rallentato la sua corsa e il neo arrivato Novavax non ha fatto registrare alcuna impennata di prenotazioni. Nella settimana dal 21 al 28 febbraio, infatti, sono state somministrate solo 817.389 dosi. E di queste appena 272.745 relative al ciclo «primario», l’unico per il quale al momento Valneva ha chiesto l’autorizzazione, peraltro ulteriormente limitata alla fascia tra i 18 e i 55 anni. Mentre, in Italia, il target minormente vaccinato è quello tra i 5 e gli 11 anni. 

 

Da questo punto di vista va annotato che l’azienda ha fatto sapere di avere in corso «ulteriori studi clinici con l’obiettivo di espandere gradualmente le indicazioni di VLA2001 ad altri gruppi di età», nonché «per un potenziale utilizzo» del prodotto «come vaccino booster nel corso del 2022». Si vedrà.

Se Valneva dovesse avere tempi medio lunghi di conservazione, potrebbe tornare utile dal prossimo autunno, quando la campagna vaccinale tornerà nel vivo, per lo meno per alcune categorie. Il contratto sottoscritto dal governo italiano scade in effetti a fine 2023. A quella data Valneva dovrebbe aver distribuito circa 60 milioni di dosi all’Unione europea. Delle quali, se i criteri di redistribuzione resteranno gli stessi, all’Italia spetterebbe il 13%.

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