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"Omicron letale come l'influenza", Il Covid non fa più paura neanche al Cts

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Ora anche il Cts ridimensiona Omicron. O almeno lo fa uno dei suoi componenti, l'immunologo Sergio Abrignani. Il membro del Comitato tecnico scientifico, di cui fanno parte anche il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, non usa giri di parole: "Questo virus è letale come l'influenza". In un'intervista concessa a Pietro Senaldi su "Libero", Abrignani spiega: "Ci sono duecentomila nuovi contagiati al giorno e una media di duecento morti, con 1500 persone in terapia intensiva, ma sono molto meno preoccupato dell’anno scorso, quando con anche 10 volte meno positivi avevamo fino a 4-5 volte più decessi e siamo arrivati a più di quattromila persone ricoverate in urgenza".

 

 

 

 

L'esperto ricorda che "l’anno scorso avevamo almeno due decessi ogni cento contagiati, oggi ce n’è uno su 500-1000. Se non fossimo vaccinati cosi estensivamente, benché pare che Omicron dia il 40-50% in meno di casi di malattia severa rispetto alle varianti precedenti, con questo tasso di contagi oggi probabilmente viaggeremmo al ritmo di 2.000 morti al giorno e almeno diecimila persone che necessiterebbero di terapia intensiva. Con i vaccini - aggiunge - le probabilità di morire sono in media una su mille, più o meno come con l’influenza. Poi ovviamente dipende dall’età e dalla situazione sanitaria generale". Se invece tutta Italia fosse vaccinata, secondo l’immunologo dell’Università di Milano "tutte le Regioni sarebbero in zona bianca e avremmo solo 500 posti occupati in terapia intensiva anziché gli attuali 1500, visto che chi ha rifiutato il vaccino rappresenta più del 65% dei ricoverati gravi, su una popolazione a rischio (gli ultracinquantenni) non vaccinata che è solo il 7% del totale dei cittadini (2,2 milioni). Gli ultrasessantenni in Italia sono circa 19milioni. Di questi, i non vaccinati sono un milione e 200mila: significa che la metà dei morti e il 70% dei ricoverati gravi appartiene a una categoria che rappresenta il 2% della popolazione. Ma soprattutto vuol dire che, se oggi tutti fossimo vaccinati, ci sarebbero 90-100 decessi in meno al giorno. Di questo sì che sono preoccupato perché, con le attuali incidenze d’infezione, nei prossimi 30 giorni moriranno di Covid 2500-3000 italiani non vaccinati che non dovrebbero morire: saranno morti senza motivo, peri quali i cattivi maestri che blaterano di libertà violata dall’obbligo vaccinale dovrebbero solo tacere".

 

 

 

 

 "Oggi - aggiunge Abrignani - i vaccinati giovani e quelli anziani in buone condizioni non muoiono. I positivi immunizzati che non ce la fanno, muoiono, come con l’influenza, che è solo un detonatore che infiamma una situazione già compromessa. Prima della pandemia l’influenza infettava quattro-sei milioni di italiani negli anni fortunati e dieci-dodici milioni in quelli neri, con una letalità dello 0,1%, simile al Covid oggi sugli immunizzati. C’è una quasi totale sovrapponibilità tra le vittime di influenza e quelle di Covid vaccinate: anziani già malati che muoiono per complicanze che seguono l’infezione. C’è un panico diffuso dovuto ai 140mila morti in due anni. Le bare di Bergamo e Brescia non sono state dimenticate, eppure ormai appartengono a una storia diversa: non c’erano i vaccini, non si sapeva come curare il virus, il 2-3% dei contagiati moriva e si poteva andare all’altro mondo anche a cinquant’anni, come può avvenire oggi ai non vaccinati. C’è un’ansia che ci auto-generiamo. Fa bene chi prova a vivere normalmente, va al ristorante, al lavoro, in palestra. In Gran Bretagna si comportano diversamente, hanno deciso di convivere con la loro fragilità, che poi è la fragilità dell’essere umano, e di accettare il fatto che, se si infettano duecentomila persone, ne muoiono 200 ma il sistema sanitario non collassa e la vita del Paese procede".

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