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Ci lasciano solo le libertà dove possono controllarci: Paragone contro le riforme dell'emergenza costruita

Gianluigi Paragone
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«Quando gli storici futuri avranno chiarito che cosa era veramente in gioco nella pandemia, questo periodo apparirà come uno dei momenti più vergognosi della storia italiana e coloro che lo hanno guidato e governato come degli irresponsabili privi di ogni scrupolo etico». Questo passaggio è tratto dal recente libro «A che punto siamo? L’epidemia come politica» - una raccolta di brevi riflessioni - scritto dal filosofo Giorgio Agamben, coautore con Massimo Cacciari della raffinata analisi sulla natura del lasciapassare noto come «green pass». Agamben e Cacciari, da tempo, stanno avvertendo sul pericoloso sottinteso di una logica dove le libertà sono sottoposte e condizionate a una sorveglianza che confligge con la Costituzione, che sostituisce i diritti con le concessioni. Il green pass è solo l’ultimo tassello, sorretto dalla paura sanitaria; ma - ripeto - è l’ultimo, se si pensa per esempio a come il lavoro sia stato smontato in nome dell’emergenza occupazionale (più flessibilità, più lavoro: ricordate? Risultato, precarizzazione e nuovi padroni). Ora anche il diritto al lavoro è condizionata al lasciapassare.

 

 

Sono anni che le emergenze hanno bucato i diritti per far posto a una sorveglianza di cui non parlano solo Cacciari e Agamben. Il «Capitalismo della Sorveglianza» è un grande libro di Shoshana Zuboff dove emerge il pericolo di tale sovrapposizione; così come ne «la Cultura della Sorveglianza» David Lyon riprende ciò che in «Sesto Potere» aveva scritto con Zygmunt Bauman. O il grande saggio di Michel Onfray «Teoria della Dittatura» dove attualizza i due grandi romanzi di Orwell, 1984 e la Fattoria degli Animali. Ecco, siamo dentro lo stesso schema politico e sociale. Costruire una emergenza, sorreggerla artatamente per consentire quelle riforme che altrimenti sarebbero rigettate. L’emergenza come acceleratore. E la paura della morte (che è la paura più grande) come carburatore raffinato. Minimizzo quel che è successo? No, lo minimizzano coloro da mesi e mesi davanti ai nostri occhi non dicono la verità. O almeno tutta la verità. Comincio dalla recente Commissione d’inchiesta parlamentare sul Covid: perché la maggioranza (da Leu alla Lega, passando da Pd e M5S e tutti gli altri) ha votato affinché non si indagasse sulle decisioni del governo nazionale e della giunta regionale lombarda? Perchè, in poche parole, hanno voluto proteggere Speranza e Fontana? Sono tutti allo stesso tavolo (ecco perché la Lega non votò la sfiducia a Speranza). E perché hanno fatto rientrare Arcuri dalla finestra? Qualcuno ha paura che parli e quindi è meglio tenerlo dentro? Scusate ma ogni cattivo pensiero a questo punto ha il suo senso. E ancora. Perché un vaccino non obbligatorio per legge lo diventa nei fatti con il lasciapassare? E lo diventa costringendo coloro (anche i ragazzini dai 12 anni in su) che si vaccinano a firmare non solo il generico consenso informato ma anche una manleva che «immunizza» da qualsiasi responsabilità tutti i soggetti della filiera vaccinale, dalle case farmaceutiche allo Stato. Le multinazionali del farmaco stanno facendo profitti mai visti con zero rischi circa azioni risarcitorie: hanno ottenuto quella manleva che in passato vide i colossi di Big Pharma pagare risarcimenti profumatissimi. Eppure sono le stesse case farmaceutiche a parlare dei rischi. Lo fa Pfizer nel suo documento integrale dove apertamente dichiara che non è possibile prevedere gli effetti del vaccino a lunga distanza poichè non si sono potute rispettare le procedure previste (12 mesi contro gli anni solitamente necessari). Anche AstraZeneca parla di relazione finale nel 2024.

 

 

 

Di condizionalità di somministrazione e di provvisorietà parla lo stesso ministero della Sanità. Una scelta libera - visto che tutti parlano di libertà - presuppone una scelta pienamente informata. Invece i mass media stanno facendo il coro alla messa cantata, della quale i parlamentari si prestano al ruolo di chierichetti. «Invece di una informazione adeguata si procede ad allarmi e diktat - scriveva Cacciari ieri sulla Stampa - Invece di chiedere consapevolezza e partecipazione si produce una inflazione di norme confuse, contraddittorie e spesso impotenti». Lo ribadiamo: il lasciapassare è un documento che non può surrogare la carta d’identità, condizionando le libertà. Né può pensare di mettere sullo stesso piano il vaccino (gratuito) con tamponi a pagamento ogni 48 ore: questa è discriminazione. E non un esercizio di libertà. Tanto più che pure i vaccinati contagiano. Ed è noto. La campagna mediatica di questi mesi e specie di queste settimane è parte della catena di montaggio finalizzata a depotenziare i diritti con le concessioni. Ed è viziata dall’intento di non concedere spazi ad altri Pensieri. Le regole d’ingaggio del resto sono chiare: la discussione va bene ma senza mettere in dubbio la Sacra Verità.

 

 

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