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Vaccino, Nicola Zingaretti boicotta il Generale Figliuolo: il silenzio del Lazio sugli over 60

Carlo Solimene
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Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti «nasconde» alla struttura commissariale del generale Figliuolo i dati sugli over 60 non vaccinati nella Regione. E così rende, di fatto, più difficile preparare il sistema sanitario al possibile arrivo di una quarta ondata di Covid. È paradossale il comportamento del governatore ed ex segretario del Pd. Specie da chi, nei giorni scorsi, ha tuonato sul dovere di immunizzarsi e ha messo nel mirino i politici che non erano stati espliciti nell’invitare i propri elettori a correre presso gli hub vaccinali. Eppure proprio Zingaretti, al momento di fare qualcosa di concreto per rintracciare le fasce fragili della popolazione ancora non immunizzate, ha latitato. I fatti. A giugno la struttura commissariale invia una lettera alle Regioni in cui chiede di fare una sorta di censimento degli over 60 - quelli che più di altri rischiano il ricovero in caso di contagio - che ancora non hanno ricevuto una dose di vaccino. In particolare, quello che Francesco Paolo Figliuolo vuole sapere è quanti over 60 sono in attesa della prima iniezione dopo essersi prenotati, quanti rifiutano esplicitamente il vaccino e quanti, invece, non possono riceverlo perché immunodepressi. Tolte queste tre categorie, resta un’area grigia: quelli che non rifiuterebbero il vaccino ma che, per un motivo o per l’altro, non sono stati ancora raggiunti dalla campagna. Una volta «censiti», questi over 60 andrebbero rintracciati e spronati all’immunizzazione. Per farlo, peraltro, occorrerebbe superare la logica degli hub vaccinali e responsabilizzare maggiormente i medici di famiglia. Magari - ragionano Figliuolo e i suoi - anche prevedendo un incentivo economico per i medici che vaccinano le maggiori percentuali di propri assistiti.

 

 

Qui, però, siamo già un passo avanti. Perché la verità è che il piano si è arenato quasi subito. La lettera della struttura commissariale, infatti, poneva una deadline ai governatori. I dati in questione erano attesi entro il 15 luglio. Una settimana dopo quel limite, però, ad aver risposto sono solo otto Regioni. Quattro in maniera completa (Emilia Romagna, Marche, Veneto e Toscana) e quattro in modo più approssimativo ma giudicato comunque sufficiente (Lombardia, Molise, Piemonte e Calabria). Le altre, invece, hanno fatto finta di nulla. E se, per alcune, si possono accampare giustificazioni di tipo logistico («soprattutto al Sud, ci sono territori in cui i dati aggregati sono praticamente impossibili da recuperare» allargano le braccia nella struttura commissariale) questo vale di meno per il Lazio. Soprattutto per quello che Zingaretti vanta come un sistema sanitario all’avanguardia. Il pericolo, in assenza di una fotografia adeguata della popolazione a rischio ancora non vaccinata, è di arrivare impreparati se dopo l’estate il virus dovesse rialzare la testa. «Se noi sapessimo, ad esempio, che nella provincia di Crotone c’è in proporzione il maggior numero di over 60 senza copertura - spiegano dalla struttura commissariale - potremmo prepararci ad attivare proprio su quel territorio il maggior numero di posti nelle terapie intensive, magari siglare convenzioni con cliniche private per le altre patologie e fare in modo che l’emergenza non diventi mai tale». Senza quei dati, invece, si corre il rischio di rivedere il film dell’autunno scorso. Quando le Regioni continuavano a non comunicare il fabbisogno delle terapie intensive da attivare e l’Italia rivisse scene che avrebbe preferito dimenticare.

 

 

Infine c’è la questione dell’immunità di gregge. Perché sapere nomi e cognomi dei non vaccinati disposti a immunizzarsi serve anche a scongiurare il cosiddetto «effetto Israele». Il Paese considerato un esempio nella lotta al Covid, infatti, presenta un grafico di immunizzazione inquietante. In tre mesi - dal 22 dicembre 2020 al 22 marzo 2021 ha ricevuto la prima dose il 57% della popolazione. Da quel momento, però, c’è stato un rilassamento generale e nei successivi quattro mesi - dal 22 marzo a oggi - la percentuale di parzialmente immunizzati è salita di soli 6 punti, al 63%. Fenomeni simili si sono visti anche negli Stati Uniti e in altre nazioni più avanti nella campagna. Oggi l’Italia ha parzialmente protetto il 58,5% dei suoi cittadini. Il rischio rilassamento, insomma, è dietro l’angolo e se così fosse l’immunità di gregge si allontanerebbe. Figliuolo vorrebbe scongiurare questo pericolo. Ma senza la collaborazione dei governatori - Zingaretti in primis - diventa tutto più difficile.

 

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