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Il balletto imbarazzante della scienza che ha minato la fiducia nel vaccino

Andrea Amata
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La morte di Camilla, la giovanissima ragazza ligure a cui è stata diagnosticata una forma grave di trombosi a seguito della somministrazione di AstraZeneca, ha procurato, oltre che grande dolore, un turbamento nel rapporto con la comunità scientifica. In questi mesi abbiamo testato lo smarrimento delle persone rispetto alle informazioni che rimbalzavano dai palinsesti televisivi senza una univoca direzione. Nel derby fra virologi abbiamo assistito ad un antagonismo mediatico incomprensibile per chi dovrebbe essere depositario di autorità cognitive, che per loro stessa natura dovrebbero comunicare conoscenze (episteme) e non opinioni (doxa). Così l’opinione pubblica è stata inquinata da dichiarazioni contraddittorie che, anziché orientare i cittadini nel percorso contro il Covid, hanno spaesato la collettività.

 

 

La visibilità mediatica per alcuni esperti è stata una manna dal cielo per capitalizzare la notorietà con la pubblicazione di libri, la prenotazione di candidature elettive e l’accreditamento per consulenze onerose. La comunità scientifica dovrebbe dotarsi di un codice di condotta che imponga ai suoi associati una comunicazione "sterile", prettamente tecnica, per non tracimare verso la disputa politica che ha regole di suggestione emotiva. La scienza è un processo di costruzione senza fine, i cui risultati sono sempre smentibili e non definitivi. Pur riconoscendo una sua dinamica intrinseca che difende l’«eresia» come metodo di progresso, quando stabilisce delle certezze, seppure temporanee, ad esse dobbiamo affidarci. La scienza nell’affrontare una pandemia non dovrebbe adottare una terminologia con sfumature lessicali che "raccomandano" un comportamento, ma essere tassativa.

 

 

In questo senso il Cts ha delle responsabilità, avendo adottato una strategia comunicativa consultiva invece che vincolante. Sul vaccino AstraZeneca il balletto della scienza è stato imbarazzante. La prima a sollevare dubbi sul siero angolo-svedese è stata la Germania, poi sono emersi eventi avversi di trombosi ma i regolatori esclusero correlazioni col farmaco. E ancora, dopo gli indirizzi sull'uso selettivo del vaccino si è consigliata la somministrazione a fasce di età che prima erano state scoraggiate. Tale confusione ha generato un'eccedenza del vaccino che si è tentato di "smaltire" con una sorta di svendita degli open day. Ci hanno rassicurato sui dati trombotici, allineati alla media Ue con gli eventi fatali ricondotti nel rapporto di 1 ogni 100 mila inoculazioni, ma la morte della diciottenne ligure ha alimentato un'onda di diffidenza. Non possiamo permetterci un'esitazione vaccinale perché al momento l'azione profilattica è la sola arma disponibile per sconfiggere il Covid.

Guido Rasi, il consulente del commissario Figliuolo ed ex direttore generale dell'Ema, si è pronunciato a favore della vaccinazione eterologa che utilizza per la seconda dose un vaccino diverso da AstraZeneca sostenendo che così si «tolgono elementi di rischio e si aggiungono elementi di flessibilità alla campagna vaccinale». La microbiologa dell’ospedale Sacco, Maria Rita Gismondo, ha sottolineato l’importanza di indicare con nettezza le fasce per il vaccino senza limitarsi a raccomandazioni sull'uso preferenziale perché «raccomandazione vuol dire demandare alla gente. E la gente non ha i dati, né il potere conoscitivo/istituzionale che hanno le autorità sanitarie e le agenzie regolatorie». Ieri da queste colonne il Direttore Franco Bechis ha centrato il punto, appellandosi alla responsabilità della scienza affinché sia chiara nel prescrivere gli indirizzi da osservare perché la salute delle persone non può essere trattata come una questione cabalistica.
 

 

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