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Coronavirus, il dramma degli anestesisti nel documento choc: "Dobbiamo scegliere chi salvare"

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Non ci sono più posti letto negli ospedali quasi al collasso e già si sceglie chi salvare e chi no. Solo ieri l'ultimo tragico bollettino con 580 vittime del coronavirus e rispunta il testo choc di medici e anestesisti impegnati in corsia. Furono loro a fare scandalo il 6 marzo scorso quando in un documento fatto circolare fra i propri membri avevano fornito dei criteri per escludere dalle terapie salva-vita chi aveva poche possibilità di farcela. Non ci giriamo intorno: significava scegliere per un posto in terapia intensiva fra un numero di casi gravi solo quelli che avevano meno anni e meno acciacchi pregressi. Siamo di nuovo in quella stessa identica situazione: non arrivano in terapia intensiva molti ultraottantenni, e l'età sembra davvero lo sparti-acque più decisivo, perché se poi si vedono le cosiddette co-morbilità che riguardano gli indici di morbilità, la principale individuata nei rapporti del ministero della Salute è l'ipertensione, cioé la pressione alta che è comune a tantissimi anziani e che senza coronavirus avrebbe consentito loro di vivere ancora molti anni prendendo una pasticca.

Non è un caso se quella stessa società degli anestesisti e rianimatori (la Siaarti) ha vergato a fin e ottobre un nuovo documento questa volta coinvolgendo i medici del Fnomceo con le istruzioni “etiche” da fornire a chi opera sul fronte del coronavirus in caso di drammatica scelta su chi salvare e chi no. “Coloro”, vi è scritto, “che non sono trattabili in modo intensivo, ovvero non sono eleggibili ad un trattamento intensivo a causa dell’improbabilità d’ottenere concreti, accettabili e duraturi benefici clinici, sono comunque presi in carico prestando loro le cure appropriate e proporzionate di cui vi sia disponibilità”. 

Il testo choc di medici e anestesisti: chi salvare e chi no

E ancora: “All’impossibilità di erogare un determinato trattamento sanitario in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, non può seguire l’abbandono terapeutico, dovendo il medico sempre provvedere, in considerazione della sua posizione di garanzia, a porre in atto le valutazioni e l’assistenza necessaria affinché l’eventuale progressione della patologia risulti il meno dolorosa possibile e soprattutto sia salvaguardata la dignità della persona, mediante un sostegno idoneo ad alleviarne le sofferenze fisiche, psichiche e spirituali”.

Cosa accade allora nella realtà che purtroppo si sta sperimentando in molti ospedali italiani? Entra un paziente ammalato di coronavirus molto anziano, non ci sono posti né ventilatori per tutti, e si sceglie. I ventilatori sono riservati a quelli che hanno più chance di farcela. Gli altri si provano a curare e in caso di crisi respiratoria si lasciano morire alleviando solo le sofferenze con uso abbondante della morfina.

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