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Alle pendici dell'Etna un Pinot Nero "vulcanico"

Paolo Zappitelli
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È stato uno dei libri più letti di questa estate, una sorta di Buddenbrook di una famiglia che ha cambiato la storia della viticoltura in Sicilia, i Florio. Stefania Auci, con “I leoni di Sicilia” ha raccontato oltre due secoli di un’azienda che da un paesino della Calabria è riuscita a farsi conoscere in tutto il mondo. Oggi i Florio sono stati assorbiti dal gruppo Illva di Saronno insieme ad altri due nomi altisonanti della produzione vinicola siciliana, Duca di Salaparuta e Corvo. Dalla scorsa primavera il gruppo ha iniziato un’operazione di «ringiovanimento» del marchio e di alcuni vini, proponendo anche delle novità, come un pinot nero spumantizzato. Ed è proprio l’utilizzo di questo vitigno una delle maggiori scommesse della cantina. Il pinot nero è una pianta «complicata», facilmente aggredibile dalle muffe perché ha grappoli molto stretti e una buccia sottile e ha trovato la sua collocazione originaria in Borgogna. Oggi viene coltivato anche in molte zone d’Italia con risultati altalenanti. In Sicilia, sulle falde dell’Etna dove è stato impiantato, sembra invece aver trovato un habitat ideale, arricchendosi anche di note e profumi che lo rendono comunque diverso da qualsiasi altra interpretazione.
Due i pinot nero prodotti da Duca di Salaparuta, Sciaranera e Nawari, a cui quest’anno si è aggiunto anche lo spumante Duca Nero. Coltivato su un terreno vulcanico, a 300 metri sul livello del mare, si è ambientato perfettamente, trovando escursioni termiche notevoli tra giorno e notte e una giusta esposizione ai venti che arrivano dal mare. Il vino mantiene l’eleganza del pinot nero ma fa spiccare anche una nota di mineralità che lo rende unico. E l’Etna che sovrasta i vigneti fa sentire la sua voce attraverso qualche «sbuffo» di lava e pietra pomice che arriva al naso.
Sullo stesso versante del vulcano, ma con vigneti posti un po’ più in alto, tra i 600 e i 700 metri, maturano le uve che danno vita a Sciaranera, un pinot nero morbido, con profumi di frutta rossa e spezie, molto elegante e ben equlibrato, L’altro, Nawari, resta per 15 mesi a maturare in botti di rovere francese e poi altri due mesi in bottiglia per l’affinamento. Il risultato è un vino più complesso del precedente in cui si percepiscono anche note di vaniglia ma mai eccessive. Quello che li accomuna è comunque la singolarità che regala ai vini il «gigante» sulle cui pendici vengono coltivati i vigneti. E che permette a questi pinot neri siciliani di dare un’interpretazione del vitigno unica.

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