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Un anno di ciclismo

Ciclismo

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L'ultima cosa che pensavamo di fare era sparare una fotona di Lance Armstrong per presentare un anno di ciclismo; un anno non nel senso del 1999, per dire (quando il texano conquistò il suo primo Tour de France al rientro dopo il cancro che l'aveva colpito due anni prima), ma del 2009. In una vertigine di ritorno al futuro, gli appassionati si sono ritrovati col vincitore di 7 Tour di nuovo davanti agli occhi, in bicicletta e pronto - come un tempo - a spaccare il mondo. Che poi, rispetto alla sua precedente carriera, le distanze tra desideri e realtà si siano ampliate, è un dettaglio che non mina l'imponenza della città viaggiante che si muove al seguito di Lance (città nel senso non solo fisico di persone che lo circondano, ma anche di attenzione alle sue vicende dai quattro angoli del pianeta, il che si traduce in una presenza mediatica sempre massiccia ovunque ci sia lui). In ogni caso, non è che Armstrong sia tornato solo per fare il fotomodello in bici. Ha pedalato, e anche tanto, rispetto al suo antico vizio di fare solo il Tour e poco altro. Attivo già in gennaio al Tour Down Under, l'americano ha cercato la condizione attraverso parecchie corse minori, visto che aveva in animo di correre anche il Giro d'Italia, prima della Grande Boucle. Ma il diavoletto ci ha messo lo zampino, e un mese prima della corsa rosa, Lance è caduto alla Vuelta a Castilla y León in Spagna e s'è fratturato una clavicola. Ay qué dolor, tanti tifosi italiani che lo aspettavano all'esordio nel Giro hanno tremato, ma come in ogni storia hollywoodiana che si rispetti, il lieto fine è giunto: Armstrong s'è ripreso in fretta e ha potuto così onorare l'impegno di essere presente al Giro del Centenario, dove ha poi colto un non disprezzabile 12°. Mentre il texano era alle prese col suo percorso d'avvicinamento ai grandi appuntamenti stagionali, si consumava la primavera delle grandi classiche, precedute da una Parigi-Nizza in cui un arrembante Luis León Sánchez aveva mandato fuori fase un Contador prima troppo sicuro di sé, e poi battuto; e una Tirreno-Adriatico in cui Michele Scarponi, dopo un biennio di traversie, aveva apposto la sua firma, preambolo di un Giro corso da protagonista e coronato da due successi di tappa. Alla Milano-Sanremo la palma di finale più eccitante della stagione: tutti i più forti insieme dopo le salitelle degli ultimi 40 km, sul rettilineo conclusivo il volpone Hushovd fa il buco al compagno di squadra Haussler che s'invola verso un successo che pare sicuro. Ma dal gruppo schizza come una scheggia quel Mark Cavendish che in un paio di stagioni si è affermato come il nuovo spauracchio delle volate, e lo fulmina al colpo di reni, dopo aver rosicchiato 20 metri negli ultimi 100. Italiani poco presenti nella Classicissima, ma sarà un leitmotiv delle altre grandi corse in linea: al Fiandre vince - come nel 2008 - Devolder, alla Roubaix un Tom Boonen in formato maxi-riscatto (dopo una brutta storia di cocaina) ha la meglio su un Pozzato forte non meno che sfortunato, la Gand la vince il norvegese Boasson, l'Amstel a sorpresa la conquista il russo Ivanov, la Liegi vede un capolavorio in solitaria di Andy Schleck. A noi le briciole, anche se sulle prime avevamo esultato per Rebellin, straordinario interprete della Freccia Vallone: ma la gioia per il veneto s'è smorzata appena sei giorni dopo quella vittoria, quando è giunta la notizia della sua positività (Cera) risalente alle Olimpiadi di Pechino. Mazzata, ritiro dell'argento conquistato ai Giochi, fine della carriera: purtroppo non sarà l'unico caso di doping che funesta il 2009. L'altra vicenda eclatante vede al centro Danilo Di Luca. L'abruzzese aveva dato vita al Giro a un duello palpitante col russo Menchov, vincendo due frazioni (tra cui la Cuneo-Pinerolo, con un entusiasmante attacco finale) e indossando la maglia rosa per diversi giorni. Sul Blockhaus, salita di casa per Danilo, l'apoteosi, con una moltitudine di tifosi venuta a sostenere il nuovo eroe d'Abruzzo. Ma malgrado gli sforzi, Di Luca non è riuscito a piegare la resistenza di un Menchov deciso a non lasciarsi sfuggire l'occasione. E mentre altri protagonisti attesi (su tutti Ivan Basso, che aveva illuso i suoi fan vincendo in aprile il Giro del Trentino, ma che alla corsa rosa non è mai riuscito a far la differenza) faticavano a far sentire la propria voce, il duello russo-abruzzese è proseguito fino agli ultimissimi metri della crono conclusiva, a Roma, tra le bellezze eterne della Capitale: la caduta di Menchov a un km dal traguardo dei Fori Imperiali ha lasciato tutti col fiato sospeso, visto che la maglia rosa era in gioco per una questione di pochi secondi. E l'urlo con cui il russo ha tirato fuori tutta la tensione e la paura, una volta superato con successo il traguardo all'ombra del Colosseo, è una delle immagini della stagione. Ma, per riallacciarci alla vicenda Di Luca, anche quelle belle giornate maggioline del Giro sono state poi rubricate alla voce «classifiche da riscrivere», visto che in luglio è arrivata la notizia della doppia positività di Danilo, anche stavolta per Cera, relativa a due frazioni del Giro. Per fortuna in quei giorni gli appassionati hanno potuto distrarsi col Tour de France, in cui l'assassino (di nome Lance) tornava sul luogo del delitto: la convivenza in casa Astana con Contador è stato un altro dei temi caldi del 2009: e infatti in terra francese le cose non sono andate per niente bene tra i due capocorrente del team kazako. Fortuna (per lui, ma anche per tutti noi: che ciclismo avremmo raccontato, descrivendo un quasi quarantenne che torna in gara e sbaraglia la concorrenza di rivali di 15 anni più giovani?) che Contador ha fatto vedere sulla strada di cosa è capace, tenendo a bada l'ingombrante compagno e gli insidiosi fratelli Schleck (Andy secondo alla fine, Armstrong terzo, Nibali buon settimo). La stagione, dopo la Vuelta conquistata da Alejandro Valverde (con due vittorie di tappa di Cunego), è scivolata verso il finale, con un bellissimo Mondiale a Mendrisio, vinto dall'eterno piazzato Cadel Evans (in un'impresa preceduta di 24 ore da quella, altrettanto rilevante, della nostra Tatiana Guderzo, iridata tra le donne), con un filotto ottobrino di vittorie pesanti di un Philippe Gilbert che finalmente ha trovato una dimensione da vincente; e con la consapevolezza che, pur tra mille problemi e deficienze, tra mille situazioni fosche che concorrono a minarne la credibilità, il ciclismo qualche emozione sa regalarla ancora.

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