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Senza Andrew ambizioni ridotte all'osso

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Laprevista, definitiva rinuncia di Andrew Howe dopo il sofferto tentativo messo in atto a Grosseto, mentre ha consegnato alla solitudine dell'inerzia agonistica un grande atleta, ha cancellato dall'elenco degli azzurri uno dei rari personaggi sui quali sembrava ragionevole contare per un piazzamento di prestigio, prima che la stagione invernale, tra una scelta sbagliata e qualche infortunio di troppo, non ne fiaccasse le attese. Tolto di mezzo con un tendine tormentato e un avvenire confuso Howe, sulla pedana di Cottbus è stato recuperato in extremis Giuseppe Gibilisco, reduce da un lungo periodo in cui la modestia e la discontinuità delle prestazioni è andata di pari passo con disavventure personali. Il nome del trentenne saltatore con l'asta è tra gli italiani l'ultimo rintracciabile nelle statistiche dei vincitori della rassegna mondiale. Accadde a Parigi, nel 2003, e fu giornata esplosiva per il siracusano, catapultato al vertice mondiale con i suoi metri 5.90 realizzati sotto il cielo dell'impianto francese. Con l'affermazione di Gibilisco, in quell'occasione l'Italia colse l'undicesima vittoria nella storia di un campionato apertosi a Helsinki, nell'agosto 1983, con il fenomenale successo firmato da Alberto Cova sui 10.000 nel tempio dell'atletica mondiale. Di quella vittoria, resta incancellabile la vibrante e profetica testimonianza di Paolo Rosi, che da un microfono televisivo anticipò a 150 metri dall'arrivo il micidiale attacco del brianzolo sul rettilineo finlandese. Dopo Cova, il passo vincente di Maurizio Damilano a Roma, nell'87, e a Tokyo quattro anni dopo, e di Francesco Panetta sulle siepi romane. Poi, a Goteborg e a Edmonton, a sei anni di distanza l'una dall'altra, nel '95 e nel 2001, il talento e le indistruttibili qualità agonistiche di Fiona May convinsero il mondo quanto un'atleta d'origini giamaicane, trascurata in Inghilterra e accolta come una fidanzata dagli appassionati italiani, fosse la più forte lunghista in circolazione. Ancora, la marcia di Michele Didoni nel '95, di Annarita Sidoti nel '97, e di Ivano Brugnetti nel '99, stesso anno dell'affermazione sui 400 ostacoli di Fabrizio Mori, nello stadio di Siviglia. Undici vittorie, per un totale di 37 piazzamenti fra i primi tre classificati. Superstiti di quelle medaglie, presenti a Berlino, oltre a Gibilisco e Brugnetti, Antonietta Di Martino, medaglia d'argento ad Osaka nel 2007, Magdelin Martinez, terza nel 2003 sulla pedana del salto triplo, e Alex Schwazer, terzo nel 2005 e nel 2007 nella 50 km di marcia, antipasto della formidabile affermazione del carabiniere di Vipitenosul traguardo olimpico di Pechino. A partire da sabato prossimo, e fino al 23 successivo, vedremo quanto e se per l'Italia atletica sarà possibile mantenere ferma una dignitosa tradizione.

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