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Quegli sporchi ultimi minuti

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Eppure, come lo stesso Niccolai ha più volte ricordato, il record appartiene al più recente Riccardo Ferri, autore di ben otto autogol in 15 stagioni. È accaduto lo stesso per Renato Cesarini. Tanti giocatori hanno segnato più di lui nelle ultime fasi della gara, eppure nell'immaginario collettivo resta sempre quel gol con cui l'oriundo, nel 1931, consegnò al 90° la vittoria all'Italia contro l'Ungheria. Da allora accade tutto in zona Cesarini, e non solo nel calcio. L'ultimo mondiale di Formula 1 è stato vinto da Hamilton con un sorpasso in zona Cesarini, persino la vertenza tra i sindacati e la nuova Alitalia ha trovato una soluzione solo in zona Cesarini. Sarà anche per questo che il calcio, nell'ultima domenica, ha voluto riprendersi il «copyright» sul marchio, regalando una serie di emozioni che, al tramonto delle gare, hanno modificato la classifica. Se le partite si giocassero ancora tutte in contemporanea la domenica appena trascorsa sarebbe stata segnata da un'altalena di emozioni soprattutto all'ombra della Madonnina. Gli interisti sarebbero prima caduti a - 3 dal Milan, ma le prodezze di Cruz e del semisconosciuto Esposito del Lecce avrebbero poi invertito gli umori delle due curve. Il gol in zona Cesarini è l'essenza dell'imprevedibilità del calcio. Si può dominare una gara ed essere beffati alla fine, ci si può sentire sulla vetta d'Europa e poi dover lasciare il palcoscenico agli avversari. Pensate agli Europei del 2000, al sogno accarezzato dall'Italia grazie a Delvecchio e al risveglio dopo il gol di Wiltord. Pensate al Bayern di Monaco che perde la Champions del '99 contro il Manchester perchè è capace di prendere due gol nel recupero. Il recupero, ecco. Una volta l'arbitro aveva più discrezionalità. Se una gara era sul 3 a 0, era quasi un gesto di riguardo per gli sconfitti mandare tutti subito nello spogliatoio, qualche volta anche pochi secondi prima del 90°. Adesso non è più possibile. Trenta secondi per ogni sostituzione, qualcuno di meno per ammonizioni ed espulsioni. Tutto regolamentato, tutto da segnalare al pubblico con una lavagna luminosa. Così i minuti di extratime inesorabilmente aumentano e, con loro, le possibilità di colpire l'avversario nel finale. La zona Cesarini è l'incubo dei difensori e lo zucchero degli Inzaghi e dei Cruz. È come un male irreversibile. Si può essere stati perfetti per 89 minuti, poi distrarsi un attimo, farsi sfuggire il proprio uomo e prendere un gol che non potrà essere recuperato. Per l'attaccante è l'inverso, è il segno distintivo di uno che non molla mai, è il gol per cui si esulta ancora negli spogliatoi, è la dimostrazione che anche il calcio, e non solo la pallacanestro, è capace di regalare sobbalzi sul sediolino fino alla fine. È il marchio del predestinato. Il colpo fatato di chi, anche quando i polmoni non pompano più aria e le gambe si piantano a ogni passo, è ancora capace di accarezzare il pallone e di spedirlo in fondo al sacco. Di chi, nelle mischie, riesce ad allungare il piede un istante prima che lo facciano gli altri giocatori stretti in un fazzoletto di terreno. Sempre che, vale la pena sottolinearlo nella zona Cesarini dell'articolo, si abbia la fortuna di azzeccare la porta giusta. Se, come a Cicinho, capita il contrario, il marchio resta, ma è molto meno edificante...

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