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Il doping conseguenza dei calendari folli

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È vero il ciclismo è frantumato dalla piaga del doping. Ma i dirigenti - che dicono di combatterlo - sanno di cosa stanno parlando? No, non interessa qui la conoscenza delle sostanze proibite, della Cera, l'Epo di nuova generazione. Il punto è un altro: come pretendere che, con la pressione agonistica che determina soldi e business, renda immuni dlla facile tentazione dell'«aiuto» chimico. I valori dello sport, spesso calpestati in nome del denaro anche dal Cio, dimostrano di non reggere a questo impatto micidiale. E ancora. Si vuole combattere il doping? Benissimo: riduciamo gli impegni. Le salite e le cronoscalate nel ciclismo fanno audience, fanno spettacolo, ma se si corre per 11 mesi l'anno il fisico non può reggere, anche con le migliori biciclette e gli allenamenti più sofisticati attualmente a disposizione degli atleti. Vale per il ciclismo e anche per gli altri sport professionistici. Anche per il calcio, che gioca sempre, domenica e mercoledì. Del resto, il medico sociale della Roma Mario Brozzi ha dichiarato: «I calciatori possono infortunarsi anche per uno stress agonistico». Ora, senza esasperare il concetto - non sono da lettino dell'analista questi ragazzi superpagati - sarebbe bene che proprio i dirigenti riflettessero sull'opportunità di ingolfare il calendario di appuntamenti tutti importanti, tutti fondamentali, tutti imperdibili. A forza di corse, di partite, di tour e giri, di gran premi, Olimpiadi ed Europei, gli atleti vengono spremuti. E la stanchezza non è contemplata. Lotta al doping, certo, ma anche ai calendari delle gare che inducono i più deboli e i malandrini, nella tentazione più schifosa: quella dell'iniezione o della pasticca scaccia guai.

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